Qui starò, nella terra straniera;
E la destra onorata, su cuiSplende il callo dell'elsa guerriera,
Ai servigi piú umili offrirò!
Rammentando qual sono e qual fuiI miei figli, per Dio! fremeranno;
Ma non mai vergognati diranno,
Ei dall'anglo il suo frusto accattò.
In bocca ad un attore abile nella rappresentazione, queste ultime parole sarebbero accompagnate da un sorriso complesso di soddisfazione propria e di disprezzo per l'anglo.
Vedete dunque l'esaltazione patriottica di Berchet, fin dai primi momenti, in quali alte regioni lo ha sollevato, regioni superiori dove si può arrivare solo con l'immaginazione, e rispetto alle quali ci sentiamo piccini, sentiamo quasi mancarci il fiato come accade a chi si leva troppo in aria. Nelle nature veramente artistiche, l'istinto poetico fa sí che quando lo scrittore rasenta l'eroismo, e una grandezza troppo eccezionale, senta pure il bisogno di gettare in quell'atmosfera delle corde piú dolci e piú soavi che, a poco a poco, ci riconducano al nostro ambiente naturale e ci faccian sentire la vita come la sentiamo ordinariamente. Un esempio ve lo porge Dante nel conte Ugolino: in mezzo a quei sentimenti extraumani quanta dolcezza, quanta grazia gitta quel bambino che dice:
.....Padre mio, che non mi aiuti?
E gli altri:
..............Tu ne vestistiQueste misere carni, e tu le spoglia!
Siffatti piccoli episodi di creature innocenti che non comprendono ancora, sono pieni di soavitá, la quale scema quel che di troppo aspro è nel quadro, ci toglie a quell'atmosfera e ci riconcilia con la vita.
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