Quanto alle suore, due suora Clotilde e suor'Anna giōvani creature, amorose, che la nostra innocenza, in quegli orrėbili tempi, pių che tutt'altro, teneva in un contėnuo sbāttito.
Una mattina, noi, raccolte in una pėccola sala, ascoltavamo suora Clotilde. Essa, con la sua voce vellutata e soave, pingčvane le dolcezze della caritā. Entra di pressa il giardiniere, e: suora dice un commissario della Repųblica... il ciabattino Garnier
Suora Clotilde, impallidita oltre il suo abituale pallore, si alzō: ben venga disse.
Ma, a che il permesso? L'ex-tiraspaghi, in nome della onnipossente libertā, se l'era giā preso. Ecco apparire alla soglia un uomo dal viso tutto occhielli e bottoni, con la sōlita fascia dai tre-colori, seguito da mezza dozzina di mascalzoni, sųcidi, a strappi, armati di picche.
Cittadina Beaumont! egli fece, nemmen toccando il berretto, chč cortesia non č republicana virtų rispondi: ci hai quė una cotale Isolina, figlia di un sčdicente conte della Roche-Surville, smoccolato a Parigi?
Suora Clotilde tremō: forse, le sue purėssime labra stāvano per proferire la prima bugėa. Senonchč, i nostri occhiettini avčano di giā tradita Isolina. Anzi, ella si avea da lei, sorgendo. Era la grande. Oh la gentile figura! svelta, frāgile, come un bicchier di Murāno: poi, di certe manine! mani sė bianche, sė trasparenti e voluttuose!...
Garnier proruppe la suora quasi piangendo non per pietā! per giustizia. Voi non potete strapparci questa delicata fanciulla, innocentėssima. Ella ci venne affidata da' suoi genitori, e i suoi genitori son morti.
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