Ma, dunque, la società non sempre richiede la malvagia e libera volontà per colpire del suo disprezzo o del suo abbandono o delle sue pene chi compie un atto contrario alle condizioni della sua esistenza, un atto antisociale.
Ma perchè, allora, nei soli delitti si dovrebbe esigere, come condizione di punibilità, quella malvagia e libera volontà che, nel maggior numero dei casi; la società non esige?
Ciò significa adunque due cose: I, che questo criterio della libertà morale come condizione di responsabilità penale è il detrito di idee passate, inspirate all'espiazione religiosa, che nel campo strettamente giuridico non hanno più ragion d'essere. II, che adunque la società tiene responsabile ogni individuo di ogni e qualunque azione da lui compiuta e reagisce a questa in modo utile o dannoso a chi l'ha compiuta, secondo che essa è utile o dannosa alla società, in mezzo a cui fu compiuta.
È insomma la suprema necessità della propria conservazione, cui deve obbedire l'organismo sociale come ogni altro organismo vivente, la ragione unica e positiva del diritto di punire, che assai meno impropriamente si dirà diritto di difesa sociale.
Abbia o no senso morale, abbia o no libertà morale nel compiere il delitto: chi lo compie è individuo pericoloso, antisociale e la società reagisce contro di lui, per un bisogno innegabile della propria difesa o conservazione.
Questa è la realtà limpida e schietta, la sola concepita dal buon senso, senza bisogno di formule astruse e più o meno classiche.
Soltanto, ed ecco l'ufficio della sociologia crimiminale, la società deve diversamente reagire secondo la diversa potenza malefica, antisociale dell'individuo di cui si tratta e della azione da lui compiuta.
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