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      Dopo le accoglienze, di cui era stato testimone, reputandosi troppo sicuro del fatto suo, si risolveva a far, colla prima opportunità che trovasse solo il suo signore, quello di che erasi peritato in mezzo a tanta brigata. Passò dunque sicuramente a trattar coi parenti di Bice delle nozze come di cosa vicina; e in poche parole s'accordò ogni cosa.
      Allora il Conte fece d'occhio alla moglie, poscia volgendosi a Bice, la quale a quel discorso s'era ammutolita e non ardiva pur levar il capo: - Senti un po' qui, - le disse con un volto ridente tra il goffo e il malizioso, che soleva fare allorchè stava per buttar fuori qualche bel motto, - senti un po': noi abbiamo fatti i conti senza l'oste, t'abbiam promessa senza domandartene il consenso, chè forse tu sei lontana le mille miglia d'aver il capo a codeste frasche?
      Bice si fece rossa come una bragia; prese per una mano la madre, e non rispose parola.
      Ma Ermelinda fece segno al Conte che cessasse la burla: poi disse ad Ottorino con un sorriso: - Quantunque le sian faccende codeste dove non può il mandato, voglio che per ora siate contento del sì che vi dice la madre per lei.
      A questo il giovine prese licenza: la fanciulla vedendolo partire, levò il capo, e senza lasciar la mano della madre, gli disse: - Domani verrete, è vero?
      - Ah, ah! la c'è cascata; la c'è cascata la ritrosetta, - gridò il Conte sganasciandosi dalle risa: - vedi, se la par quella! eh? che l'avresti scambiata per una santa Lucia! Ah mozzina! mozzina!
      Il giovane partì, ed esso, e chi si rimase, contenti tutti come pasque.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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