Il sacerdote scrive a Saturno in nome dei poveri, che si lagnano della ineguale distribuzione dei beni, e dimandano o un’altra divisione giusta, per la quale ognuno abbia la sua parte, o che i ricchi sieno più larghi e meno insolenti coi poveri. Saturno risponde che quella distribuzione ineguale l’ha fatta Giove, e che egli cercherà nella sua festa di persuadere i ricchi ad essere più generosi e compagnevoli: che i poveri poi non abbiano invidia alla ricchezza, sotto la quale stanno magagne assai; non se ne curino molto, e vedranno che i ricchi stessi anderanno ad invitarli e condurli in casa loro. Poi Saturno scrive ai ricchi di trattar bene e senza superbia i poveri, specialmente nella festa. Ed i ricchi gli rispondono che essi lo faranno volentieri, purchè i poveri non commettano insolenze e scostumatezze. Tutte queste scritture dipingono il costume con facilità e naturalezza, con una vena allegra di pensieri e di motti e di leggiadrie che ti solleva, e vorresti, come vuole lo scrittore, che nella festa regnasse benevolenza e cortesia, costumatezza ed allegria. E qui si vede la potenza dell’ingegno che sa fare oro di qualunque cosa gli viene alle mani: cerca di correggere gli abusi rimproverando a ciascuno i suoi torti, e di ridurre il costume a certa ragionevolezza. Il che in certo modo si ottiene quando si dicono alcune verità che per la forma nuova e bella colpiscono, piacciono, sono ricordate, ripetute, e spesso ancora messe in pratica.
XC. Io non ho letto l’Asino di Apuleio, ed ho una vaga rimembranza della pulitissima traduzione che ne fece il Firenzuola, e però non saprei paragonare l’Asino latino col greco.
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