Oh, questo è tutto livido e dipinto, anzi tutto nero di marchi. E qual pena è da lui? Tuffarlo nella fiumana del fuoco, o darlo a sbranare a Cerbero?
Il Cinico, No: ma se vuoi ti proporrò io una nuova pena che gli starà bene.
Radamanto. Di’ pure, ch’io te ne saprò grado.
Il Cinico. È uso che tutti i morti bevano l’acqua di Lete?
Radamanto. Tutti.
Il Cinico. Dunque egli solo non ne beva.
Radamanto. E perchè?
Il Cinico. Così avrà una pena terribile, ricordandosi chi era egli e quanto poteva lassù, e ripensando sempre ai piaceri perduti.
Radamanto. Ben dici: s’abbia questa pena. Sia menato vicino a Tantalo costui, sia legato, e ricordi sempre ciò che ha fatto nella vita.
XVII.
DI QUEI CHE STANNO COI SIGNORI.
Donde cominciare, e dove finire, o amico mio, per contarti quante cose convien fare e patire a quelli che stanno a mercede, e cercano l'amicizia di questi grandi signori, se amicizia deve chiamarsi la loro servitù? Io conosco gran parte, anzi quasi la maggior parte delle cose che loro intervengono, non per averle provate io (chè non ebbi mai questa necessità, e prego gl'Iddii di non averla giammai), ma perchè molti caduti in questa mala vita me l'hanno raccontate: alcuni, essendovi ancor dentro, mi narravano deplorando quali e quante cose pativano; ed altri, come scappati da un carcere, non senza piacere ricordavano ciò che avevano sofferto, rallegrandosi a ripensare donde s'erano liberati. Più degni di fede erano costoro, passati, per così dire, per tutti i gradi di questi misteri, e veduto ogni cosa dal principio alla fine.
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