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      Figli del duro ghiaccio aspro tormentoSenza pelle soffrian; ma nulla offende
      Noi l'esser privi di purpureo mantoDi ricchi fregi e di fin oro intesto,
      Pur che veste plebea l'ignude membraRicopra e dal rigor del verno algente
      Possa intatti serbarne. Indarno adunqueSuda il genere uman sempre e s'affanna
      E fra vani pensier l'età consuma,
      Sol perch'ei non conosce e non apprezzaPunto qual sia dell'aver proprio il fine
      E fin là 've 'l piacer vero s'estenda.
      E ciò ne spinse a poco a poco in altoMare a fidar la vita ai venti infidi,
      E fin dall'imo fondo ampi bolloriD'aspre guerre eccitò. Ma i vigilanti
      Globi del sole e della luna, intornoGirando e compartendo il proprio lume
      Al gran tempio e versatile del mondo,
      Agli uomini insegnâr come dell'annoSi volgan le stagioni e come il tutto
      Nasce con certa legge ed ordin certo.
      Già di forti muraglie e di sublimiTorri cinti viveansi, e già divisa
      S'abitava la terra; allor fiorivaDi curvi pini il mar; già collegati
      L'un l'altro avean aiuti, avean compagni:
      Quando in versi a cantar l'opre famoseCominciaro i poeti, e poco innanzi
      Fûr le lettre inventate. Indi non puoteL'età nostra veder ciò che s'oprasse
      In pria, se non se fin là 've ne additaI vestigi il discorso. Or la cultura
      De' campi, e l'alte rôcche e le robusteMura e le navi audaci, e le severe
      Leggi, l'armi, le vie, le vesti e l'altreCose a lor somiglianti, e tutte in somma
      Del viver le delizie, i dolci carmiLe ingegnose pitture e le dedalee
      Statue, l'uso insegnonne e dell'impigraMente il discorso, il qual di passo in passo


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330