il titolo di compagni di Sorbona, che (se non mi sbaglio) son 35.
Mangiano tutti in comune, ma non l'istessa vivanda, facendosiognuno cucinare secondo la possibilità della sua borsa o il solletico
della sua gola. Hanno una miserabile striscia di giardino a uso dipasseggiate; la sala, dove si tengono gli atti pubblici, è tutta intorniata
di due ordini di banchi, è assai grande e ben ornata conintagli di noce, ma troppo bassa, e il vaso della libreria che è in
volta è bellissimo. Gli scaffali son ricchi d'intaglio, e sopra diessi vi sono tutti i ritratti degli uomini illustri che erano nella
libreria del cardinale Richelieu, della quale, benché lasciata loroper testamento, ne hanno aùta la peggior parte, dissipata l'altra
per mal governo e poca intelligenza e applicazione di chi l'avevanelle mani. Gli scaffali sono assai pieni di libri e tutti ben legati:
dicono esservene due altre stanze piene che io non ho veduto.
Ogn'anno si spendono cento dobble in aumento della libreria, ildi cui nervo maggiore lo fa l'istoria e la teologia positiva: hanno
qualche numero considerabile di manuscritti orientali, e tra ilatini il più stimabile è un codice stimato d'ottocent'anni, dove
sono scritti i quattro Evangeli. Fanno ancora qualche stima (credoper mera gratitudine) d'un tomo originale di quell'animalaccio
di Raimondo Lullo. Tutto questo m'è stato mostrato da m.rCapelain, uomo della di cui profondità nelle cose teologiche me
n'è stato detto gran bene; essendo però egli amico di m.r d'Erbelot,
se ne potranno avere a Firenze sincere relazioni.
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