L'artista moderno in generale, a causa della forza individuale invigorita nella nostra Società dalla Cavalleria, dalle Scoperte, dalla Scienza, dai Viaggi, dal Commercio, dall'Industria e simili, reca nelle sue opere la propria individualità, a differenza de' Greci che vivevano nel petto di Prometeo, di Edipo, di Antigone, ecc. Il freddo Goethe, capace di pingere insieme l'incomposta passione di Werther e l'affetto ritenuto e vorrei dire diplomatico di Clavijo, la candida Margherita e lo scettico Fausto, Mefistofele e Marianna, lascia scappar fuori senza volerlo la propria natura. Wolfango è tutto nella prima scena del Fausto. Così lo Schiller parla per mezzo del Marchese di Posa, e il Lirismo non scarseggia nella sua Drammatica. Il Byron è Caino, D. Giovanni, il Corsaro, ecc. Nel Teatro francese, salvo alcune eccezioni che s'incontrano soprattutto nel Corneille, troviamo questo Lirismo disceso ad una bassezza antiartistica, imperocché i suoi tragici covrono gli eroi di Roma colle parrucche incipriate dei tempi di Richelieu, Mazzarino e Luigi XIV. Solo Shakspeare si leva gigante su di tutti e sommerge il suo animo in Roma, nell'Inghilterra, in Italia. Ora questo carattere, comune agli artisti moderni, signoreggia di più appresso gl'Italiani. Tra i moderni oltre all'Alfieri è da por mente al Foscolo ed al Manzoni siccome gli artisti che non nella Lirica ma nel Romanzo lasciano leggere tutta l'anima loro. La sdegnosa e superba natura del Foscolo è trasfusa nell'Ortis, come il candore del Manzoni fonde in un'unità di amore le creature che popolano il suo Romanzo.
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