Tuttavolta egli ha mostrato di saper inventare facili canti alla maniera del Donizzetti, come ne' Lombardi, e ballabili Cabalette come ne' Foscari; la qual cosa forma a parer mio il maggior difetto di quest'Opera, del resto grandissima; onde quello che a cotesti avversari pare leggiadro, quello non pare a me. Il Verdi sa che non mai nella Tragedia si può aver causa di creare canti leggieri, che sia ragionevole e non faccia scapitar la dignità, ond'egli la conserva sin nelle Cabalette. E qui parlo del suo modo generale di concepire nella più parte delle Opere; e non asserisco che sempre abbia fatto a questo modo; anzi io stesso esaminando il Trovatore dirò d'una Cabaletta non degna dell'ingegno suo. Il Verdi pecca sol quando non sa rimanere a se pari, cioè, quando fa contro al suo usato.
E innanzi di terminare queste osservazioni sul Canto isolato dobbiamo porre sott'occhio due cose. In prima l'uso frequente che il Verdi fa del Canto declamato, a che egli è mosso dal pensiero che alcuni moti della passione dominano siffattamente l'animo, che questa non può manifestarsi se non con rotti accenti, ed un Canto dolcissimo sarebbe fuor di proposito. Onde nelle presenti condizioni della Musica questo modo declamato del Canto riesce in molte situazioni, oltre a tutti gli altri, bellissimo. Ed il Verdi per verità sa quando e a chi convenga. In secondo luogo poiché il personaggio rivela alcuni sentimenti che concorrono all'unità di azione del Dramma, è necessario che abbia per se un Canto, il quale dove da un lato esprima i suoi sentimenti individuali, accenni dall'altro eziandio a quella unità, a quel concetto generale che nascostamente si agita nel suo petto.
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