(Novella LXXXIII)
IL TRADIMENTO DEL FALCONE
Qui conta come lo 'mperadore Federigo uccise un suo falcone.
L
O 'mperadore Federigo andava una volta a falcone, e aveane uno molto sovrano che l'avea caro più d'una cittade. Lasciollo a una grua; quella montò alta. Il falcone si mise alto molto sopra lei. Videsi sotto un'aguglia giovane; percossela a terra, e tanto la tenne che l'uccise. Lo 'mperadore corse, credendo che fosse una grua: trovò com'era. Allora con ira chiamò il giustiziere, e comandò ch'al falcone fosse tagliato il capo perché avea morto lo suo Signore.
(Novella XC)
FIOR DI VIRTÙ
UNA STRANA GIUSTIZIA
N
ELLA Vita de' Santi Padri si legge, che un romito avea fatto penitenza grandissimo tempo, e avendo una malattia molto grave, della quale egli non poteva guarire, si cominciò a lamentare forte d'Iddio, e un Angiolo gli venne in forma d'uomo, e chiamò il romito, e dissegli: Io ti voglio mostrare gli occulti giudizi di Dio. Allora il romito e l'Angelo si mossono, e andarono insieme per un cammino; e quando ebbero camminato il dì infino alla sera, capitarono a un buon uomo che li ricevette ad albergo molto volentieri, e fece loro grandissimo onore, e misegli nel suo letto. Quando venne in su la mezza notte, l'Angelo si levò pianamente, e sconficcò un forziere, e tolse una coppa che v'era dentro. E la mattina levati, si partirono da quello buon uomo; e camminando, gli giunse un pessimo tempo da non potere camminare, e capitati a una casa chiesero albergo per Dio, a' quali fu risposto senza compassione: e non volendogli ricevere furono accomiatati. Onde il romito tanto ripregò quel reo uomo, che gli lasciò stare in una sua stalla, non dando loro né bere né mangiare; e di ciò lo romito molto s'attristava. E quando si vennero a partire la mattina, l'Angelo gittò in casa quel reo uomo quella coppa, e andando per cammino giunsero a una fonte; ed avendo sete, il romito chiese la coppa per bere, e l'Angelo disse: Io la donai a colui con cui noi stemmo iersera. Allora il romito tutto turbato disse all'Angelo: Se' tu il diavolo? Io non voglio venire più teco; imperocché chi fa a noi male, e tu fai bene; e chi ci ha fatto bene, e tu hai fatto male. E ragionando così, pervennero a un monasterio ove era un santissimo abate, il quale fece loro grandissimo onore: e quando si vennero a partire, l'Angelo di Dio mise fuoco in una casa della badia: e essendo dilungati dalla badia, il romito sentendo gridare si volse addietro, e vedendo quel fuoco domandò l'Angelo quello ch'era, ed egli rispose: É fuoco ch'io misi in una casa della badia. Poi arrivarono ad una casa, e l'Angelo uccise un fanciullo ch'era in una culla, e poi si voltò al romito, e disse: vedi ch'io sono venuto a te mandato da Dio per farti vedere i divini giudizi; per cagione che tu mormoravi contro Dio della tua debole infermità, imputando non fosse giustizia. Ora sappi, che quello ch'io ho fatto, tutto ho fatto per divina giustizia. E prima, la coppa ch'io tolsi a colui ci fece onore, sì fu che quanto avea era bene acquistato, salvo che quella; e però a lui la tolsi, e diedila a colui che non avea nessuna cosa altro che male acquistata: ed il perché misi fuoco nella casa della badia, si fu perché egli hanno certi danari che vogliono spendere in murare, e non sono in concordia, di che vogliono fare la ragione; onde per quella azione verranno a concordia: ed il perché io uccisi il fanciullo, si fu, perocché il padre suo, poi che l'ebbe, si diede a prestare a usura; onde, essendo morto il fanciullo, e ito al paradiso, quel padre attenderà a vivere giustamente. E così tu, non avendo la malattia che tu hai, non saresti al servigio di Dio. E però sii certo che Iddio sempre permette il meno male, e a fine di bene, e i suoi giudizi sono irreprensibili; ma le persone non possono conoscere i suoi segreti. E ciò udendo il romito, tornò a fàre penitenza più che prima.
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