NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     (Novella LXXXII)



     GESÙ E IL TESORO
     Come Cristo andando un giorno co' discepoli suoi per un foresto luogo, videro molto grande tesoro.

     A
     NDANDO un giorno Cristo co' discepoli suoi per un foresto luogo, nel quale i discepoli che veniano dietro videro lucere da una parte piastre d oro fine. Onde essi, chiamando Cristo, meravigliandosi perché non era ristato ad esso, sì dissero: Signore, prendiamo quello oro che ci consolerà di molte bisogne. E Cristo si volse, e ripreseli e disse: voi volete quelle cose che togliono al regno nostro la maggior parte dell'anime. E che ciò sia vero, alla tornata n'udirete l'assempro. E passaro oltre. Poco stante, due cari compagni lo trovaro, onde furo molto lieti, e in concordia andaro alla più presso villa per menare un mulo, e l'altro rimase a guardia. Ma udite opere ree che ne seguiro poscia de' pensieri rei che 'l nemico dié loro. Quelli tornò col mulo, e disse al compagno: i' ho mangiato alba villa, e tu dèi avere fame; mangia questi duo pani così belli, e poi caricheremo. Quelli rispose: io non ho gran talento di mangiare ora; e però carichiamo prima. Allora presero a caricare. E quando ebbero presso che caricato, quelli ch'andò per lo mulo si chinò per legar la soma, e l'altro li corse di dietro a tradimento con uno appuntato coltello e ucciselo. Poscia prese l'uno di que' pani e dielbo al mulo. E l'altro mangiò elli. Il pane era attoscato: cadde morto elli e 'l mulo, innanzi che movessero di quel luogo. Il nostro Signore passò indi con suoi discepoli nel detto giorno, e mostrò loro l'assempro che detto avea.


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