LA ROMITA TENTATA
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NA romita fue a Najon in Piccardia presso alla terra a due leghe: sicché si ragionava di lei, ch'era bellissima, ed era d'età di venticinque anni. E ponian che fosse il luogo solitario, era il luogo forte, e 'l paese sicuro da non poterle esser fatta forza; sicché s'ella volea esser forte nella mente, potea, non ostante che mala gente assai le facesson noia per averla. Ebbe in quella contrada, secondo mi disse un Canonico della Chiesa maggiore, una gente di giovani, che continuamente andavano e mandavano per farla indurre a peccato. E quella dava udienza a chiunque volea parlare dalla finestrella; non lassandosi però vedere. E poi gli mattava con suo senno, e con sua fermezza; ch'era tenuto, il suo, maggior miracolo che mai s'udisse, o trovasse, d'alcuna donna costante. Andò a lei uno savio Religioso del paese, e biasimolle forte di questo stare a udire la gente, dicendole: E' non è persona tanto ferma, che, sendo così continuo tentata, che non stia a gran periglio di cadere. Questa rispose: Io non so che fanno l'altre; io per me vi dico, che lasso dire a costoro, per aver poi del tenere maggior corona. Io mi sento sì ferma all'amor divino, che se quel Serpente che tentò Eva con tutta la sottigliezza degli altri Dimoni venisse a mettere tutta sua forza in rompermi, io non temeria. Questo Re ligioso le disse: Se tu se' così forte, come tu mi dì, tu puoi ben stare a udire, ma grande pericolo v'è: e a queste parole si partio. Lo Serpente che ingannò Eva, udendo queste parole, pensò di farla rimanere ingannata; e fecele la notte venire in visione, che uno figliuol del Re l'avea tolta per moglie, e che questo figliuolo era succeduto nel regno, e che lo primo genito era morto, e ch'ella sedea nella sedia della Reina al lato a questo Re, ed era Reina, e che questo Re le facea gran festa; e parvele tutta notte esser Reina, e sollazzare col Re. La dimane, quando si destò, n'ebbe tanto pensiere e speranza, che dimenticò le orazioni, ed in tutto il giorno non si ricordò d'Iddio, e 'l seguente dì meno, e 'l terzo vie meno; ed ogni notte delle due seguenti le parea che questo Re le parlasse. Quando il Serpente la sentì acconcia a dilettarsi di ciò, ed ello pigliò forma di una gran Contessa, e giunse con un gran rumore di compagni al Romitorio. Poi a' compagni disse, che si traessono addietro, e con lunghe parole disse alla romita come quel figliuolo del Re era preso di lei, avendo veduta la sua fermezza, e la sua bellezza, e che la volea torre per moglie, e che il Re glie l'avea molto conteso, ma finalmente gli avea dato la licenza veggendo pure lo suo volere, e ch'ella le facea sapere che si trovava una profezia che costui dovea esser Re e dovea essere sua Reina una sua fedele, santa e bella. La romita mise mano, e contò tutta la sua visione. Disse la Contessa: Or ecco, poiché le cose s'accordano, che mi rispondi? Quella disse: Ecco, io non avea giurata verginità, né castità, e sono ancora in istato libero, e però tornate a lui, e dite come vi pare, ch'io sono per ubbidire. Prese comiato la Contessa da lei, come da colei che dovesse esser sua Donna; e partesi, e pensa di voler menare a lei uno di quelli che le facea noia in prima, e di farle parere ch'el fosse quel figliuolo del Re, e di farle stare insieme. Allora Dio misericordioso disse a un Angelo: Pietà ci viene dello inganno ch'el Serpente ha fatto alla cotal romita, la quale era in tanta purità; ed avvegnaché, per troppa sicurtà ch'ella avea di sé, le stesse bene ogni pena, va, e poni silenzio al Serpente. Andò l'Angelo, e trovò la Contessa già tornata al Romitorio; e fecele comandamente, che più non andasse innanzi. Allora la Contessa lasciò le forme della femmina, e riprese la forma del Serpente, e disse alla romita: Non ti posso più offendere per lo cotal comandamento; ma almeno ti voglio dire che tu non t'avezzi a credere di saper più di me, ch'io sono lo cotal Serpente, ed hotti così ingannata; e immantanente dispario. La romita cadde tramortita di paura; poi, ritornata in sé, mandò per quello Religioso, e contogli tutte queste cose. Ed in q
uello di ordinò di entrare in un Monistero di donne, dove poi lungo tempo pianse la sua debolezza, e finalmente finio i dì suoi con fama di gran santità.
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