NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     E giunto al papa, disse, dell'altezza del cielo esser trenta voci. Dell'acqua del mare disse: - Fate turare le bocche de' fiumi, che vi mettono entro, e poi si misuri. - Quello che valea la sua persona, disse: - Danari ventotto; - ché la facea due danari meno di Cristo, ché era suo vicario. Della maggior ventura ch'egli avesse mai, disse: - Come d'ortolano era diventato abate - ; e così lo confermò. Come che si fosse, o intervenne all'uno e all'altro, o all'uno solo, e l'abate diventò o mugnaio o ortolano. Altri, dicono che l'ultima, per corlo in ogni modo, fu che li dicessi quello che pensava; e lui disse: - Pensate ch'io sia l'abate, e io sono il cuoco. -
     (Novella IV)



     IL BASSO E IL GIUOCO DELLA MOSCA
     Basso della Penna inganna certi genovesi arcatori e a un nuovo giuoco vince loro quello ch'egli avevano.


     C
     OME questo giovane acquistò puramente e con grande simplicità le lire cinquanta, così con grande astuzia il piacevol uomo Basso della Penna, raccontato a drieto, in questa novella vinse a un nuovo giuoco più di lire cinquanta di bolognini.
     A questo Basso capitarono all'albergo suo a Ferrara certi genovesi, che andavano arcando con certi loro giuochi; e 'l Basso, avendo compresa la loro maniera, un giorno innanzi desinare si mise allàto lire venti di bolognini d'ariento ed una pera mézza, ed era di luglio, considerando che dopo desinare, lavate le mani, in su la sparecchiata tavola d'arcare loro; e così fece. Ché avendo desinato, ed essendo con loro ragionamenti alla mensa sparecchiata, disse il Basso: - Io voglio fare con voi a un giuoco, che non ci potrà avere malizia alcuna.


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