NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     LEON BATTISTA ALBERTI

     RITRATTO DI UNA MONDANA DEL QUATTROCENTO

     V
     EDERÀLA presentarsi a te, se ella meno sarà familiare, leziosa, intera, con la fronte altiera, con la bocca e occhi socchiusi, quale se così ella venisse per mezzo al fummo e fra la polvere, col capo ora su questa ora su quell'altra parte abbandonato, quasi come a lei fusse il collo di vischio e i nervi di pasta; né ti guarda se non con lo estremo dell'uno occhio, né ti risponde se non prima salutata e appellata tre volte. Pur poi sogghigna ella; e prima è fatto sera, che ella a proposito ti renda uno sì solo o uno no. E pure, se forse vuole non parere in tutto muta, ella prima si fiuta la sommità delle dita e volgeti la guancia, e per vezzi proferisce le parole sibilando e scilinguata, e vuole co' suoi gesti impudicissimi, lievissimi e inonestissimi, parere un'altra Lucrezia rarissima, santissima e religiosissima. E se forse a te già ell'era famigliare, eccola venire dondoloni e avventata, colla voce quale chi gridando seguita i levrieri, e ridendo simile a chi dell'orto fughi li stornelli; salutati con gli occhi e con la bocca aperta, e vienti persino con le mani e col ceffo in suso il viso, e comincia mille istorie; né sa ristare di biasimarti quella e quell'altra, e mai finisce quella predica sua, che: così disse, e così fece, e eravi il tale, e sopraggiunse, partissi, tornò, ed io e lei, e poi lui; e in una novella ti raccontano la vita e gesti di tutti suoi passati; né da lei ti è lecito partire, se non quando l'arai bene stracca di domandare commiato. E se da te pure ella convinta ragiona a' tuoi propositi (maligna femmina!), subito o ti richiede di mille cose, o comincia a dolersi di te, non dico sanza ragione solo, ma certo sanza misura. Così posso non fare ch'io non ti nieghi che in femmina alcuna a te siano piaceri non puerili e poco degni? E sopra gli altri mi spiace chi lascia le sue altre maggiori faccende per starsi in ciancie, contemplando le bellezze d'una femmina linguacciuta e male avvenente. Mira, che in donna troverai parte alcuna, se non forse il viso, non bruttissima e laidissima. In la qual più vagheggiata parte, gli occhi pur sono al continuo frolli e maccaticci, e 'l fronte e le guance lentigginose i denti, miracolo che in femmina si veggano se non di colore di pettine d'avorio, molto vecchio e ben succido; e sempre gli vederai l'unghie mal nette, né so per quale cagione troppo brutte e colorate. Vergognomi seguire le altre parti più ascose e più inoneste e oscene; alle quali considerando, troppo mi maraviglio quando tu, Paolo, uomo civilissimo e pulitissimo, incontri uno altro amante penoso e mesto, tu non subito rida delle sue inezie, o piuttosto prorompa in lacrime, mosso a compassione di lui e di te stesso, che sì viviate subbietti a una vilissima e sporcissima femmina, e lei seguiate con sì pronta fede, e servendo a lei abbiate dedicato ogni vostro pensiero, opera e ingegno. Ecco in prova di questa materia, in quale te lascio ripensare, e pensando te stesso fastidire. Io netto delibero uscirne, per non mi stendere in quello per quale io volendo al tutto nulla trattarne, in tutte mie di sopra a te scritte lettere, questa intera materia volentieri e in prova tacea. Ora, quanto m'è suto tedio averne fatto parola, tanto mi sarà sollazzo e gaudio queste lettere a te giovino, quanto stimo non poco gioveranno, ché già debbi apertissimo scorgere quanto in te amando sieno copie di acerbissime cure e gravissime molestie; piaceri veri niuno, ed in tutto a te e a ciascuno studioso indegni e non convenienti. Ora seguita veggiamo se questa quale tu tanto ami, per altri suoi meriti così forse.era da te non indegna d'essere amata. Dicono a chi te ama debbi pari quanto in te sia rendere fede e benevolenzia. Se tu da costei te conosci essere amato, non ti storrò da questo dovuto officio di amare ch ami te: ma come farai tu me certo che ella te non molto abbia in odio e a vile? Oh ella mi guardò! gran male fu, se tu non guardavi lei, ella guardassi te! Né fu meno da biasimarla, se ella guardando gli altri, ancora guardò te. Ella mi sorrise: non dirò gli paresti ridicolo e da così riderti; ché sempre fusti e a tutti paresti grave e maturissimo. Ma ella così leggiere sorrise per parerti più bella, per più farsi richiedere; ché dicono che ridendo più paiono vezzose. Ella mi salutò e strinsemi la mano, e mi soppresse il piede con duoi suoi piedi. Ehi, Paolo mio poco prudente, se tu non conosci questi tutti essere segni piuttosto di chi voglia infiammarti e molto da te. essere amata, che di chi vero te ami! E certo troverai le femmine usare queste carezze e moine molto più quando temeranno non rimanere da' suoi amanti interlassate e meno che l'usato servite, che quando vorranno gratificarti; che già in quella età elle non hanno a imparare dove altrove che in questo così frascheggiare sia il tuo pieno e ardente desiderio. E pur ch'ella voglia, Paolo mio, quando una femmina vuole, per guardia e paura che la ritardi, mai però li mancherà luogo e tempo a satisfarti, e in quel modo mostrarti più che in cenni e atti vero amarti. E quando pur ti piacessi così credere, questi guardi, risi e gesti siano, in altri, veri indizi di benevolenzia e amore, voglio non però dubiti se ella vero amassi, per non mostrarsi a te amando suggetta, quale te ella riputa e scorge a sé dato e suggetto, certo mai così darebbe palesi segni del suo amore. Che già per prova conosce ciascuna femmina questo, che in un'andata alla chiesa potrà a casa ritornare con due dozzine di nuovi amanti. Così siamo noi uomini stolti o troppo liberali a credere loro e ad amarle: che subito guardàti da una, speriamo insino a casa ci mandi la. chiave dell'uscio da via e quella da mezza scala! Poco prudenti, se non, conosciamo quanto ciascuna femmina dal dì ch'ella nasce, così giura essere impudica, vana, e mai più dire vero, o bene osservare voto o giuramento ch'ella poi faccia in vita; sempre ogni cosa dissimulare, e a tutti mostrare 'l contrario di quello che ella senta o voglia. Non dubitare che sia impossibile, non dirò vedere ma fingere, che femmina si trovi alcuna continente o casta. Siati ottimo qui argomento, che mai femmina vive sì religiosa né mai sì sazia de' frutti d'amore, quale sia poco curiosissima e non sempre infaccendata solo per parere tale ch'ella meriti essere richiesta e desiderata. Né loro appresso basta lo specchio, in quale mille volte il dì e più sé rimirano, e sempre qualche cosa a suoi ornamenti racconciano. Ma più ancora con tutte le matrone del paese d'ogni sua frasca molto si consigliano. E così uno solo, primo, comune piacere di ciascuna femmina, sempre fu essere vagheggiata e da molti richiesta; e pare loro troppo infortunio s'elle in casa non veggono continuo una coppia de' suoi amanti, in vicinanza qualche altro paio, altrove tanti che quando ella esce ornata in pubblico non possa numerarli. Onde avviene che se ella si trova non in tutto formosa, pure le pare meritare non pochissimi amanti, e a gara di quella da tutti e' giovani vagheggiata, ella a molti si proferisce, né così a lei manca qualunche di giugnersi a nuovi mariti. Quella vera bella, sollecitata da troppi, o per inganno, o per lusinga, o per premio, o per forza non può non assentire a quel che sia; e per loro natura e costume mai pongono fine a uno solo amante; piacele quell'altro e poi anco quell'altro. Se il primo amore li succedette felice, così si fida del secondo e di molt'altri. Se forse meno fu il primo amore fortunato, argomentansi più ne' seguenti essere astute e dotte. Né mai loro manca la cara madre insieme e qualche altra del parentado: con costei si consiglia sempre, mostrando troppo temere quella non sappia alcuna sua cosa. Così richieste audaci, ben consigliate, e di natura impudiche, nulla amano: ché sai non potrebbono tanti amare a quanti si mostrano amorose; ma fingono amare, ché troppo godono vedersi molto e da molti richieste: quale cosa quando loro succede, quando intendono che tu molto l'ami, quanto te conoscono a sé molto essere soggetto, tanto allora più dimostrano amare qualche altri, tanto fingono teco nuovi corrucci. Proverbio delle astute mamme: corrucciati figliuola mia; e' corrucci raccrescono l'amore. E di cosa niuna tanto godono quanto dello strazio fanno di chi loro ami. E fra le sue prime felicità annumerano sospiri, lacrime; ultime fatiche e dolori di chi amando e servendo le segue. E soglio io fare di loro femmine questa similitudine. Sai troppo a me piace addurre scrivendo qualche similitudine, quale in questa famigliare epistola in prova lasciai. Così mi pare delle femmine, come se tu vero amante sedessi in alto sopra a qualche discesa d'uno monte, e la tua amata fusse ivi presso giuso a basso, e una fune non molto lunga te dall'uno capo e lei dall'altro tenesse legati: ivi, se tu corri per prenderla, quella fugge alla china; se tu vuoi ruinar ove prima eri, ella gode lasciarsi con sua fatica e suo sconcio strascinare, e talora s'attiene a un qualche cespuglio per ben vedere tesa la fune e vinculo quale voi tiene legati. Se tu forse ostinato con più empito e forza tiri, ella ti seconda; ché dubita in quel modo il vostro legame non si rompa; e se ti fermi, ella per muoverti in più modi s'avvolge; all'ultimo te a sé tira addosso. E se forse le viene così fatto o detto cosa, quale a te non come l'usato dispiaccia, ella troppo se ne pente, e vedrala il dì seguente trista seco e mesta subito cercare a entrare in nuovo corruccio; né mai di loro alcuno sdegno, potrai assai farti certo che sia di quello stato cagione: tanto in ogni cosa sono loro modi, parole, atti e fatti, con arte simulati e finti. E parimente, sì nella tua amata, sì in qualunque altra femmina quanto sia falsato, non che lei, tu con tuoi occhi vedi. La natura le diede i capelli non argentei e chiari quali ella te li mostra, e forse credi sieno suoi crini, quali furono di quell'altra già più anni morta fanciulla. Il viso suo naturale, prima ch'ella il dipignesse, era pallido e rugoso e vizzo e fosco; quale tu vedi con arte fatto candido troppo e splendido. Le gote e labbri erano, non di colore di corallo e rosa, quanto ora tinti a te così già paiono. Ed ella benché piccola, non però ti si presenta se non grande. E forse la giudichi piena e sugosa, ov'ella è vizza soppanno, e tiene in cambio di sangue in sue vene fuligine stemperata con acqua. Che più? al tutto, mai vedrai in loro nulla non finto a meraviglia e simulato in modo, che questa medesima quale tu ieri in via scontrasti sì ordinata e pulita, oggi in casa poco riconosceresti vedendola, com'è loro usanza, chiuso l'uscio, sedersi oziosa, col capo male pettinato, sbadigliare, grattarsi dove la chioma gli piove in qua e in là, ed anche ruspare altrove; poi con quelle unghie graziose stuzzicarsi bene adrento il naso, e cominciare uno gracchiamento che cieco gaglioffo non si trova che non perdessi con loro a gargagliare; e con suoi stracci, stoppe e panerette ed altro fastidio avere imbrattate, e ingombrate le tavole, panche, deschetti e tutta la casa; e coi rimbrotti comandare cose a nulla necessarie a qualunque li venga inanti: - Sù che non vai? che non fai? anzi non volesti? Non dicesti? - e accanirsi contro chi non li portò presto il catinuzzo, non meno che se avesse morto il marito! E così con ciascuno sempre avere apparecchiata lunga materia di litigare, e garrendo assordare tutta la vicinanza: poi levarsi da sedere, lasciare quivi parte delle sue masseriziuole, e irne in camera con quella cioppetta piena d'infinite note, e si coperta dalla polvere che tu non scorgi qual sia suo primo colore; e dal lato gli pende quella bella merceria, chiavi, borse aghieri, coltellini, e insieme quel pannicello tanto bianco e mondissimo. Non mi stendo più oltre, ma certo affermo questo, che cosa niuna tanto a un'altra sarà dissimile, quanto una femina apparata, a se stessa non acconcia e ripulita sarà dissimilissima: tanto sanno e piacegli contrafarsi. E come ella in questi portamenti di fuori si porge da ogni parte armata di finzioni e decezioni, così voglio ti sia persuaso ogni loro opera e pensiero mai essere vacuo di simile arte e fraude: e ciò che in loro a te forse pare da lodare molto, per loro pessima natura merita biasimo; e ciò che tu in loro credi virtuoso, sempre fu a fine di vizio. Adopera la femina la fama e nome de' suoi maggiori solo in essere troppo superba, altiera, insolente, rissosa, bestiale e da ogni parte incomportabile. Adopera la femmina le sue laudate bellezze solo in essere quanto più che l'altre formosa, tanto più incontinente e impudica. Adopera la copia de' domestici amici e conoscenti in dare a tutti legge, noie e molestia: adopera la fortuna e ricchezza non in altro che in gettarle e dissiparle. Ancora non ebbero dal sarto quella nuova vesta, ch'elle trovorono altro disusato abito, e mai prima veduta livrea; e tanto loro pare di sue bellezze essere pregiate, quanto sono più che l'altre strane e contrafatte. Non racconto quanti denari ella consumi in frange, ricami e coprimenti di capo, e simili leggerezze, alle quali continuo vegghiano curiose e operose. Aggiugni qui che per le sue scale continuo troverai salire e scendere con sue sportule e fiasconi pieni, vilissime feminelle, o simili genterelle abiette e infami, quali elle sotto spezie di religiosa pietà adoperano in sue altre inoneste trame. E guarda, Paolo, punto non dubitare che cosa qual più che l'altra faccia una femmina con assiduità e diligenzia, certissimo la fa mossa da vizio, o per ritrarsi dall'incorsa infamia, o per sodisfare a qualche suo lascivo desiderio. Che ben sai la loro in altre cose instabilità non permetterebbe sì lungo perseverare in cosa alcuna, se qualcuno duro ivi e continuo cappio non le traesse e in proposito contenesse. Che diremo noi dello ingegno, intelletto, e simile laude dello animo, quale sempre adoprano o in commetter rissa o odio in tutta la famiglia, o in secondare i suoi levissimi e lascivi pensieri ed instituti? Quantunque in femmina seppi mai scorgere alcuna vera virtù: e certo, se in loro fusse spezie di vero intelletto, ragione o minima discrezione, elle in suoi fatti sarebbono non quanto sono inconsulte e subite a principiarli, né sì instabili e precipitose correrebbono a rompere e mutare sue prese opinioni e propositi. Solo odo in femina dal vulgo laudare la malizia e l'animo fiero, e immane a eseguire le scellerate imprese. Quali cose reputo l'una non maravigliosa; però che esse, da ciascuno altro pensiero vacue, in ozio, mai pensano ad altro che in questo quale poi noi riputiamo subito e testé nato consiglio. L'altra a me pare più meriti appresso de' buoni biasimo e odio che laude. Chi può troppo avere in odio la stoltizia di una ardita femina, quale in prova sé e te adduca in estremi pericoli. Parmi vederti maravigliare che io, quale sempre difesi onore e fama di ciascuna femina, ora mi sia steso in sì lungo, e forse in parte non in tutto opposto raccontare a quanto in altre mie lettere fu' già a scriverti. Ma se tu qui meco arai riconosciute le inezie di ciascuna femina, e arai a te stesso palese fatto quanto sieno piene di finzioni e perversità le femine; a me non tanto dolerà avere così scrivendo lasciato e perso della mia consuetudine e buona grazia, quale, come sai, sempre ebbi appresso ciascuna femina, quanto mi sarà voluttà ancora con mio danno averti giovato. E se tu più oltre teco statuirai la tua amata non però più che l'altre essere divina e senza macula, e se fra te ripenserai quanta acerbità e gravissime molestie in te già più e più mesi per sua stranezza e impietà dentro al petto e animo tuo si ravviluppino e ogni tuo onesto pensiero e impresa perturbino, certo a te stesso facile persuaderai questo, che da lei a te poco sia riferita degna benivolenzia o merito: verratti in tedio tanto esserli suggetto amando. E se meco così affermerai tutte le operazioni della femmina essere piene d'infinita finzione, certo conoscerai da lei nulla essere amato; e a così persuaderti, non mi pare da non ricordarsi a te, riduca a memoria quant'ella tutt'ora aspettando in grembo quello che sopra tutte l'altre cose loro si dà dolcissimo, gratissimo, desideratissimo, pur non restano dirti: or non più: lieva su, come se tu satisfacendole troppo grandemente le 'ngiuriassi. Da questo poi lungo e diffuso pensare, quale nell'altre meno grate cose si porgono, da credere loro da non riputarle fingarde e bugiarde. Non dubitare, adun que, questa tua così teco finge d'amarti; però che subito poi che a te sia indotto nell'animo, nulla da lei te essere amato, veggo te sciolto e libero da' legami d'amore. Amando, niuno suole essere laccio più forte e più tenace che stimarsi amato. Fuggi adunque così credere, che chi quando amasse mostrerebbe non amarti, mostrando amarti non finga per straziarti. E così subito potremo insieme godere, seguendo, vacui da tanta molestia, a' nostri ottimi studi ed arti, seguendo ad acquistar fama e laude, la qual cosa così amando tu provi, quanto si possa poco e raro asseguire. E debbi certo assentire quanto abbiamo insieme veduto; che in trama con femmina alcuna mai si trova piacere degno e certo diletto; disagi sì molti e troppo grandissimi; tormento sì assiduo ed inestimabile; dispetti sì e onte all'animo tuo senza fine e senza numero. Che certo ben quando le nostre di sopra verissme trascorse ragioni non confirmassono così essere gli animi femminili e ingiusti, iniqui, ingrati, pieni di falsità, e fellonia, pure non doveresti tu, Paolo mio, qualche volta conoscerti uomo ed avvederti di tanto errore? che tu uomo d'animo altrove erto e prestantissimo, nobile, litterato, virtuoso, quale recusaresti in te qualunque fussi altro più degno imperio e signoria ora così perseveri in non fuggire d'essere soggetto a una femina quale te poco pregi e goda straziarti. E quand'ella te bene senza misura amassi, quand'ella te con ogni sua opera, industria e arte volesse essere amplissimo, che potrebbe ella aggiugnere alla fortuna, alla fama, alla autorità, alla dignità, alla virtù tua? Nulla, certo, nulla se non biasimo e singulare infamia e capitale inimicizia con tutti e' suoi. E che potrebbe ella mai darti piacere, quale a una minima parte de' tuoi per lei sofferti danni e affanni satisfacessi? Che diletto, che sollazzo non pieno di molta inezia e levità, non carico di sospetto, assediato di paure, rotto da mille intortuni al tutto e brevissimo? Eh sì potrebbe sì questo darti: copia di leziosi guardi e lascivi sorrisi e scilinguate risposte. Ahi! cose utilissime a bene e beato vivere! cose preziosissime certo e da tenerle care! Parti Poco dopo tanta da te sofferta miseria, irtene a letto oggi con un guardo più che ieri, quale a te porse una vana e falsa femina. E potrebbe ancora, non ti niego, farti più beato, rinchiuderti in qualche luogo mal netto e peggio odorato, e ivi lasciarti assettato tanto, pure che ella deliberassi ridendo e beffandoti col dirti: abbi pazienza. Aimè, Paolo mio, stima quello che certo puoi e debbi stimare, noi in questa materia avere preterite e interlassate più e più cose per non essere teco men che l'usato verecondo e in ogni mio parlare nitidissimo.


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