NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     (Da Il Novellino, XXVI)



     LA MISERA FINE DI DUE AMANTI
     Una coppia de ligiadri amanti se fuggono, per loro amore in matrimonio convertire; da subita tempestate ismarriti, se abbatteno tra uno spitale de lazari e ivi da' lazari occiso l'amante, la giovene sopra 'l corpo de quello voluntaria se occide.

     A
     NDOME la fama, verissima repertatrice de' vetusti fatti, manifestato como al tempo che nel reame de Francia suscitò la Pocella, ne la cità de Nanzì, prima e nobilissima tra l'altre del ducato de Loreno, fuorono dui multo generosi e strenui cavalieri, ognuno de issi antiquissimo barone de certe castelle e ville poste de torno de ditta cità, de quali l'uno era chiamato il signore de Cundì, l'altro misser Jannes de Bruscie. E como la fortuna avea concesso al signore di Cundì una sola figliola nominata Martina, secondo la soa tenera età de virtù singulare e de laudivoli costumi repiena, formosa de corpo e de viso altra a tutte 'l resto del suo paese, così anco a misser Jannes, de po' multi avuti figlioli, un solo gli n'era remaste, per nome ditto Loisi, quasi de una medesma età con la Martina, assai bello, de gran cuore e de ogni virtù copioso. E quantunque tra ditti baroni fusse certa larga parentela, nondimeno era tra loro antiqui avuli, da mano in mano augmenlando, contratta un'amistà e domestechezza sì grande, che, ultre il continuo visitarse che l'uno in casa de l'altro facea, parea che i vassalli e l'altri beni avessero in manera comunicati, che appena divisione alcuna tra loro se cognoscea. Ed essendo omai Loisi in de la età virile, avvenne che per lo continuo vederse con la Martina, e per la multa prattica che insieme aveano, trovarose, senza sospetto o guardia d'alcuno, parimenti innamorati forte e dentro le fiamme d'amore accesi, che niuno possea o sapea riposo alcuno pigliare, si non quando erano insieme ragionando e solazzando, secondo da amore e da loro fiorita età erano tirati. E in tale amoroso gioco più anni con felicità menare loro gioventù, senza puro esserne ad alcuno atto illicito processi. E como che da ciascuna de le parte summamente fusse desiderato gostare d'amore l'ultimi e più suavi frutti, nondimeno Loisi, che alquanto più temperatamente era preso, schifando il biasemo de la giovene e del suo parentato, con seco medesmo preposto avea de mai con lei avere carnale coniunzione, se per matrimoniale legge non gli fusse stato concesso; e tale virtuosa e incommutabele intenzione più volte a la sua Martina fe' palese; a la quale multe piacendo, de continuo il confortava che per alcuno fido messo a li loro patri tale parentela fusse posta avanti. Il che Loisi, che ciò unicamente desiderava, dal suo patre medesmo con assai acconcia manera al signore de Cundì fe' fare tale rechesta; il quale, de po' che con multe vere ragioni ebbe tale parentela del tutte denegata, con onesto e temperato modo a misser Jannes ordinò che per conservazione del comune onore da qui avante la prattica de' loro figlioli fusse in manera moderata, che non per altro che per orgentissimo bisogno ne la sua casa Loisi ito fusse. De che da tutti per diverse vie fu non solo negata la parentela, ma interditta la prattica. (Quale) sentito, quanti e quali fussero de' dai amanti gli amorosi pianti, gli amari ramarichi e interni e focosi sospiri, longo e soverchio seria il recontare; e la pena che maiormente il povero Loisi affliggeva, si era lo pensare che, per usare summa virtù, gli n'era sì male avvenuto, che lui medesmo non sapea da quali catene gli fusse l'anima nel misero corpo retenuta; puro prepuose, per uno loro fido messaggiero per littera la sua Martina visitare, e caramente pregarla, se alcuno modo a la loro salute cognosciuto avesse, gli ne donasse avviso; e scritta la littera, con assai discreta manera a lei la mandò. La giovene, da po' che con tanto intollerabile dolore con seco medesma deliberato avesse di mostrare la grandezza de l'animo suo, como il messo vide, con lacrimevole viso la littera prese, e quella letta, impedita dal dolore e da incomodità de non possere per littera respondere, al privato latore disse: - O solo consapevole de la nostra occulta e fiera passione, recomandateme a colui che a me te manda, e digli che o lui serà mio marito e unico signore de la vita mia, o vero con ferro o con veneno io medesma verrò volunterosa a discacciarme l'anima da l'afflitto corpo. E quantunque lui con la soverchia virtù, e con lo cercare più l'onore de mio patre che amore e la nostra gioventù ce spronava, ha convertiti gli nostri maiori diletti in non posserence né parlare né vedere, nondimeno, se a lui dà il cuore venire, da alcuno de' soi accompagnato, di sotto di quisto nostro castello a pie' de la finestra de la camera mia, con scala di corda e ogni altra cosa oportuna da posserme a lui calare, io subito me ne verrò, e anderemo a qualche castello d'alcuno comune parente, e ivi contraeremo il nostro matrimonio. E saputo il fatto, se a mio patre piacerà, starà bene; e quando non, la cosa serà puro fatta, e gli converrà usare del savio, convertendo il non potere più in virtuosa liberalità. E se puro in ciò se despone, questa venente notte ne la ragionata manera, senza più indugiare, a me se ne venga. Il fido famiglio con la bene ascoltata imbassata, e con un certo preso segno, ché per iscambio non recevessere inganno, da lei se partì, e giunto al suo signore, pontalmente il fatto gli recontò, Al quale non multi conforti a ciò seguire bisognarno; ma spazzatamente rechesti circa vinti gagliardi e animosi gioveni, soi domestici e fidati vassalli, e ogni cosa che in ciò se rechiedeva posta in ordine, como notte fu, per lo camino che non era multo de longi, quieti e senza strepito, in poche ore se retrovò co' soi compagni de sotto la signata finestra de la soa donna, E dato il preso segno, e da lei, che con sollicitudine aspettava, intese e cognosciuto, subito buttò un forte filo giù, con lo quale esso la scala legata, e lei a sé tiratala, e appicciati multe bene li rampiglioni del ferro a l'orlo de la finestra, senza niuna dottanza, como se quella arte più volte avesse usata, per quella se ne venne giù; e dal suo Loisi in braccia racolta, da po' gl'infiniti basci, se condussero a la strada, e in un portante ronzino per ciò menato cavalcorno (la donna, e s'avvierno, dopo aver detto) ad una loro guida in quale parte condurre gli dovea; e gli fanti, quali avante e quali dietro, con gran piacere segueano il preso camino. Ma i loro contrarii fati avendone fuonse altramente deliberato, ad un acerbo, e credo mai udito sì orribile, fine li condusse; però che non avendo appena un miglio caminato, che loro discarricò una pioggia adosso, sì grande e continua, con tanta contrarietà de venti e folta grandina e spaventevoli troni e fulgori, che parea che la machina mundiale tutta insieme ne volesse venire giù. La oscurità era sì grande e la tempesta sì noiosa, che non solo coloro che erano a piede, e la maggiore parte in iopparello, con la guida insieme se ismarrerono, chi in qua e chi in là fuggendo, ove meglio scampare credeano, ma con difficultà i dui amanti, presi e ligati per mano, l'uno l'altre vedere se posseano; e tutti territi e impauriti, non tale subita demostrazione fusse flagello de Dio per bere rapina mandato, non sapendo, ove se fusseno né quale camino togliere, non sentendo niuno de' loro compagni, né per multe e con alte veci chiamarli respondendo, recomandandose a Dio, data la briglia a li cavalli, commesero il camino con la loro vita insieme ad arbitrio de quelli e de la fortuna. E avendo più miglia or qua or là, como nave senza nauchero, caminati de la cruda morte a l'ultimo supplicio, videro de lungi un piccolo lume, e da quello alcuna speranza presa, verso ditto lume i cavalli drizzorno, senza però la malignità del tempo un punto mancargli. E de po' de loro multo caminare al loco del visto lume, giunti, picchiato a l'uscio, ed essendo loro e resposto e aperto, trovero quello essere uno spitale de lazari; ove certi de ditte guaste brigate loro fattise incontro, con poca carità li dimandorno cui li avea in tal ora ivi condutti. I due giovenetti ch'erano sì assiderati e indebiliti, che con difficultà posseano parlare, per quelle più breve modo che possette, Loisi respuose che la perversità del tempo e loro crocciosa fortuna n'era stata cagione; appresso li pregò che per amore de Dio d'alquanto fuoco e d'alcuno ricette per loro faticati cavalli li fussero liberali. Coloro, ancora che in specie de dannati, como a dest ituti de speranza de salute, assomigliare se possono, ché in essi non regna umanità o carità alcuna, pure, messi da debile compassione, li agiutorno a dismontare, e collocati i cavalli con l'asini loro, li condussero a la loro cucina dintorno ad un gran foco, e con essi loro se puosero a sedere; e come che la natura de' dui giovenetti alquanto aborresse la prattica de tali contaminate e guaste gente, puro, non possendono più ultre, se ingegnavane darsene pace. Erano a Loisi e a Martina per la virtù del fuoco sì le fuggite bellezze retornate, che parea che a Diana e a Narciso avessero la forma rapita; questo dunque fu cagione ad uno impio ribaldo de ditti guasti, che la passata guerra era stato al soldo, e più de l'altri deturpato e marcio, de fargli nel sfrenato desiderio venire, de volere la bella giovenetta carnalmente cognoscere; e da fiera libidine assalito, se despuose del tutto, con la morte del giovene amante volerse de tanto degna preda godere. E senza mutare altramente consiglio, fidatose d'un suo compagno non meno ribaldo e inumano de lui, se ne andorno a la stalla, e l'uno scapolati i cavalli e fando gran rumore, e chiamando: - O gentiluomo, viene e acconcia lì toi cavalli, ché non impacciano gli asini nostri - e l'altro posto dietro la porta con una gran secura in mano, aspettava de fare l'orribile omicidio. Deh! ribabda Fortuna, volubele e non contenta de niuna longa felicità de alcuno tuo subietto, e con che losenghevole speranza hai condutte le doe innocente columbe a l'ultima rete de loro più cruda morte! E si a grato non te era che li miseri amanti avessero per lei tranquilli e abonazzati mari con prosperità navigato, non avive tu infiniti altri modi, e in vita e in morte, de separargli? Dunque questa sola via como a più crudele te reservaste? Certo io non so altro che dintorno a toe detestate opere dire me sappia, se non misero colui che in te pone soa fede e speranza! Loisi, sentendosi chiamare, ancora che duro gli fusse l'andare e 'l partirse dal fuoco, puro, per adagiare i soi cavalli, con debile passo verso la stalla se avviò, lassando la donna con altri assai, e maschi e femine, de ditti bazani in compagnia; e né prima fu giunto, che 'l fiero ribaldo gli diede una percossa tale con la ditta secura in testa, che, senza possere dire omei, il buttò morto a terra; e ancora che cognescesse, lui veramente essere morto, con più altri dispiatati colpi li andò la testa percotendo. E quivi lasciatolo, ove era la infelice giovene se ne vennero, ed essendo costoro fra gli altri como maiori, al resto de le brigate imposero che ciascuno al suo loco s'andasse a posare; e subito così fu fatto. La misera Martina rimasta sola, e pur del suo Loisi dimandando, e non gli essendo resposto, a la fine l'omicida, fattose avante, con sua guasta e rauca voce gli disse: - Figliola mia, a te conviene avere pazienza, però che in quisto punto abbiamo occiso il tuo uomo, e imperciò in lui non più sperare, ch'io intendo de tua gentile persona, fin che serò vivo, goderne. - O pietose e lacrimevole donne, che se la mia dinegrata novella il crudelissimo e mai non udito caso vi séte degnate de leggere e d'ascoltare, se niuna de voi mai unicamente amò suo marito o d'altro amante fusse fieramente presa, e voi, gioveni innamorati, che nel colmo de vostra fiorita età già sète, se amore per alcun tempo i vostri petti de pare giammè rescaldò, deh! io ve prego, se umanità alcuna in voi regna, con le vostre più mestuose lacrime accompagnate a piangere la mia penna, che scrivere non sa né vale l'acerbo e intollerabile dolore, che la giovene, disaventurata più ch'altra femina, in quel punto sentì. Però ch'io volendone alcuna cosa narrare, me se representano le spaventivole imagine de quei lazari che dintorno a la miserrima giovene stavano, con gli occhi arrobinati e pelate ceglie, li nasi resi, le guance tumidose e de' più varii coluri depente, gli labri revolti e marci, le mane fedate paralitiche e attratte, che, como nui viggiamo, più a diabolica che ad umana forma sono assomigliate, quali sono de tanta forza, che impediscono la mia tremante mano, che scrivere più altre non gli è concesso. Voi dunque che con pietà ascoltate, considerate quali pensieri fuorno gli soi, e de quanto spavento, altre il cordoglio, gli era cagione il vederse tra dui ferocissimi cani, ch'erano sì infiammati, che parea che ognuno de essi volesse essere il primo corretore. Lei ultre li immensi gridi e 'l percuoterse de continuo la testa al muro, più volte tramortita e in sé retornata, con lo suo delicate vulto tutto graffiato e sanguinoso, cognoscendo che niuno riparo o succurso a la soa salute non v'era, deliberò, senza alcuna pagura, come a la vita avea il suo Loisi accompagnato, così a la morte il volere seguire e accompagnare; e rivolta a quelle rapace fere, disse: - O dispiatati e inumani spiriti, per lo solo Idio vi prego che da po' che de l'unico tesoro de la vita mia privata me havite, prima che ad altro atto de mia persona procedate, de singulare grazia me sia concesso che 'l corpo morto del mio misero signore possa un poco vedere, e satisfare alquanto, e con le mie amare lacrime il sanguinoso vulto li lavare. - Essi, il cui pensieri da quello che la donna operar volea erano multe lontani, e anche per compiacerle, le volsero de tale dimanda essere cortesi, e la condussero al loco ove il disaventurato Loisi morto giacea. Quale da lei visto, fatta furiosa a guisa de matta, con un grido che toccò il cielo, senza alcun retegno gli si buttò adosso; e dopo che quanto gli parve e de lacrimare e de basciarlo se ebbe saciata, ancora che un cortellino ammanito se avesse 'per fornire il suo fiero proponimento, nondimeno, guardando di lato al suo amante, videgli la daga da coloro anco lasciatali, e pensò quella essere più corta ed espedita via a reuscirgli il suo designo; e nascosamente toltala, e fra sé e 'l corpo morto occultatala, disse: - Ante che 'l preparato ferro il cuore transfiga, chiamo a te, grazioso spirito del mio signore, quale poco avante violente sì uscite da quisto afflitto corpo; pregote che non te sia noiose aspettare il mio, quale voluntario con teco se congiungerà; tegnavi congiunti astretti lo eterno amore acceso da pare fiamme; e si a li nostri corrottivoli corpi nel loro costituito termine non fu concesso, vivendo insieme, godere in quisto seculo, e lo unico amore demostrarence, voglio che perpetui siate solo d'essere insieme annodato (contenti), e ve godate, e quale se vuole loco, che a vui serrà sortite, quello eternalmente possedate. E tu, o nobele e multo amato corpo, prenderai per sacrificio e parentela il mio, che con tanta liberalità s'affretta seguirte ove anderai: non in piacere ma per vittima te era reservato; e gli funebri incensi, quali a compite esequie donare se sogliono, sieno gli nostri sangui insieme commisti e ammarciti in questo vile loco, insieme con le lacrime de' nostri crudi patri. - E ciò detto, benché de più longo piangere e ramanicarse avesse nel disio, e altre pietose parole a dire gli restassero, pure, pensando al fornire del suo ultimo e prepostato curso, destramente acconciato il pomo de detta daga al petto del morto corpo e l'acutissima ponta al dritto del suo cuore, senza alcuno resparagno o timore sopra de quella premendose, se lassò dal freddo ferro passare, dicendo: - Ah! dispiatati cani, togliti la preda da voi cotanto disiata - ; e strettamente col morto amante abbracciatase, da questa dolente vita se dipartì. Coloro ebbeno appena l'ultime parole sentite, che veddero più d'un palmo del ferro essergli fuori le spalle avanzato. Fuoro di ciò presso che morti de dolore; e timendo de loro vita, subito fatta una gran fossa ne la stalla, senza movergli como giaceano, li sotterrarno. Tale dunque doloruso e crudelissimo fine ebbe la innamorata coppia, quale con la mia lacrimevole penna ho già racontato. Il che dopo le multe avute fiere e mortale guerre tra loro patri, e le grandissime occisaglie tra loro gente soccesse, dove la iusticia de' Dio nolente tanto enormissimo delitto fare andare senza vendetta ma farne seguire punizione a li omicidi, per inimicicia tra 'lazari, in processo de tempo seguio che per uno lazaro de ditte spitale f u come era stato il fatto da dovero manifestato. Qual da' ditti baroni sentito, de pare consentimento al signato loco de quello spitale fu mandato; e discavata la fossa, trovorno i corpi degli nobili e male aventurati amanti, quali ancora che fussero tutti guasti e corrutti, la daga rendea testimonio de loro cruda e dispiatata morte. E dal vile loco racolti, e ad un'arca de legno posti, e cavati fuori, serrate le ponte, e postovi foco dentro e de intorno, quanti vi n'erano, con le robbe, le case, con la chiesa insieme, in poche ore ogni cosa fu in cenere convertito. E portati i corpi morti ne la cità de Nanzì, con generale dolore, piante e lugubre veste non solo de' parenti, amici e citadini, ma d'ogni forestiero, fuorno in un medesmo sepulcro con pio e solenne officio seppelliti, e in quello con degno epigramma de antique littere le seguenti parole fuorno scritte in memoria de' dui miseri amanti: "Invida sorte e iniquo fato a cruda morte condusse i dui qui sepelliti amanti Loisi e Martina, in acerbo disio finiti: porgi lacrime, porgi pianti, tu che leggi".


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