NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


Pagina 485
1-40- 80-120- 160-200- 240-280- 320-360- 400-440- 480-520- 560-600- 640-680- 720-745

[Indice]

     Guarda se questo pel primo ti garba.

     Non domandar quel ch'io so far d'un dado,
     O fiamma, o traversi, testa, o gattuccia,
     O lo spuntone: e' va per parentado,
     Ché tutti siàn d'un pelo e d'una buccia:
     E forse al camuffar ne incaco, o bado,
     O non so far la berta o la bertuccia;
     O in furba, o in calca, o in bestrica mi lodo:
     Io so di questo ogni malizia e frodo.

     La gola ne vien poi drieto a questa arte.
     Qui si conviene aver gran discrezione,
     Saper tutti i segreti, a quante carte,
     Del fagian, della starna e del cappone:
     Di tutte le vivande a parte a parte,
     Dove si truovi morbido il boccone:
     E non ti fallirei di ciò parola,
     Come tener si debba unta la gola.

     S'io ti dicessi in che modo io pillotto,
     O tu vedessi com'io fo col braccio,
     Tu mi diresti certo ch'io sia ghiotto;

     O quante parte aver vuole un migliaccio,
     Che non vuoi esser arso, ma ben cotto,
     Non molto caldo e non anco di ghiaccio,
     Anzi in quel mezzo e unto, ma non grasso;
     (Parti che il sappi?) e non troppo alto o basso.

     Del fegatel non ti dico niente:
     Vuol cinque parti: fa' ch'alla man tenga;
     Vuol esser tondo (nota sanamente),
     Acciò che 'l fuoco egual per tutto venga,
     E perché non ne caggia (tieni a mente!)
     La gocciola che morbido il mantenga:
     Dunque in due parte dividiàn la prima,
     Ché l'una e l'altra si vuole farne stima.

     Piccol sia questo, ed è proverbio antico,
     E fa' che non sia povero di panni;
     Però che questo importa ch'io ti dico;
     Non molto cotto (guarda non t'inganni!),
     Ché così verdemezzo come un fico,
     Par che si strugga quando tu l'azzanni;
     Fa' che sia caldo; e puoi sonar le nacchere


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]