NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Il Greco soggiungea: Certo mi rendo,
     Che s'un terzo ami me di quel ch'io t'amo,
     In questa notte almen troverai loco
     Che ci potrem godere insieme un poco.

     Come potrò, diceagli la fanciulla,
     Chè sempre in mezzo a duo la notte giaccio?
     E meco or l'uno or l'altro si trastulla,
     E sempre all'un di lor mi trovo in braccio?
     Questo ti fia, soggiunse il Greco, nulla;
     Ché ben ti saprai tòr di questo impaccio,
     E uscir di mezzo lor, purché tu voglia:
     E dèi voler, quando di me ti doglia.

     Pensa ella alquanto, e poi dice che vegna
     Quando creder potrà ch'ognuno dorma;
     E pianamente come far convegna,
     E dell'andare e del tornar l'informa.
     Il Greco, si come ella gli disegna,
     Quando sente dormir tutta la torma,
     Viene all'uscio e lo spinge, e quel gli cede:
     Entra pian piano, e va a tenton col piede.


     Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro
     Tutto si ferma, e l'altro par che muova
     A guisa che di dar tema nel vetro;
     Non che 'l terreno abbia a calcar, ma l'uova:
     E tien la mano innanzi simil metro;
     Va brancolando infin che 'l letto trova:
     E di là dove gli altri avean le piante,
     Tacito si cacciò col capo innante.

     Fra l'una e l'altra gamba di Fiammetta,
     Che supina giacea, diritto venne;
     E quando le fu a par, l'abbracciò stretta,
     E sopra lei sin presso al dì si tenne.
     Cavalcò forte, e non andò a staffetta,
     Che mai bestia mutar non gli convenne;
     Ché questa pare a lui che sì ben trotte,
     Che scender non ne vuol per tutta notte.

     Avea Giocondo ed avea il re sentito
     Il calpestio che sempre il letto scosse;
     E l'uno e l'altro, d'uno error schernito,


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