NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Caduta era la notte in quello errore;
     E seguitò, senza dir cosa finta,
     Come tra lor con speme si condusse,
     Ch'ambi credesson che 'l compagno fusse.

     Il re e Giocondo si guardano in viso,
     Di maraviglia e di stupor confusi:
     Né d'aver anco udito lor fu avviso,
     Ch'altri duo fusson mai così delusi:
     Poi scoppiano ugualmente in tanto riso,
     Che, con la bocca aperta e gli occhi chiusi,
     Potendo a pena il fiato aver del petto,
     Addietro si lasciar cader sul letto.

     Poi ch'ebbon tanto riso, che dolere
     Se ne sentiano il petto e pianger gli occhi,
     Disson tra lor: Come potremo avere
     Guardia, che la moglier non ne l'accocchi,
     Se non giova tra duo questa tenere,
     E stretta sì, che l'uno e l'altro tocchi?
     Se più che crini avesse occhi il marito,
     Non potria far che non fosse tradito.


     Provate mille abbiamo, e tutte belle;
     Né di tante una è ancor che ne contraste.
     Se proviam l'altre, fian simili anch'elle;
     Ma per ultima prova costei baste.
     Dunque possiamo creder che più febbe
     Non sien le nostre, o men dell'altre caste:
     E se son come tutte l'altre sono,
     Che torniamo a godercile fia buono.

     Conchiuso ch'ebbon questo, chiamar féro
     Per Fiammetta medesima il suo amante;
     E in presenza di molti gli la diero
     Per moglie, e dote che gli fu bastante.
     Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero,
     Ch'era a Ponente, volsero a Levante;
     Ed alle mogli lor se ne tornano,
     Di che affanno mai più non si pigliano.
     (Dall'Orlando Furioso: canto XXVIII, ottave 4-72)



     ANONIMO

     ISTORIA DI DUE NOBILISSIMI AMANTI
     OTTINELLO E GIULIA

     O
     vero e giusto sommo Redentore
     Governator di tutto l'universo,


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