NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     A molti uomin quelli giovin belli
     Terren per case dentro gli donano:
     Taranto la città si fe' chiamare,
     Da' dui lati alle mura batte il mare.

     Quando quella città fu edificata,
     Gli fecer dentro una bella fortezza.
     Allora Giulia volse essere sposata
     Da Ottinello fior di gentilezza.
     La degna festa presto è apparecchiata
     Per far le nozze con grande allegrezza;
     Da poi lo sposalicio ordinato,
     Ciascadun per suo padre ebbe mandato.

     Commissono a ciascun ambasciatore
     Per punto come il fatto era seguito
     Dovessono contar al lor signore:
     Che l'un con l'altro si era dispartito:
     Come si eran sposati con bon core,
     Lui per mogliera e lei per suo marito.
     E tanto cavalcon gli ambasciatori
     Rivaro in corte alli nobil signori.

     Inginocchiati con gran reverenzia,
     Ciascadun ricontò la sua ambasciata.

     Quei principi con gran magnificenzia
     Fen grande onor a tutta sua brigata;
     Ma prima che da lor fessen partenzia
     Ebbon la pace fra loro ordinata:
     Da poi pigliano per conclusione
     Gire a veder de' figli la magione.

     Con gran trionfo si son dipartiti
     (Trecento buon destrieni ognun avia),
     Cavalcando per boschi, selve e liti,
     Sempre con allegrezza per la via.
     Apparecchiati sono gran conviti
     Per quei signor che a Taranto venia:
     Fesseli incontro il nobile Ottinello,
     Con cinquecento cavalli il donzello.

     Quando si fumo insieme riscontrati,
     Ottinello smontò dal suo cavallo,
     Et ebbe i piedi a suo padre baciati,
     Andò al messer, dapo' non fece stallo,
     Et ambo si fur stretti e abbracciati.
     Dapo' montò a destriero senza fallo:
     E ragionando per tutto il cammino
     Vennero i vecchi col nobil fantino.


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