NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Era questo frate dell'ordine minore, filosofo grande, esperimentatore di molte cose così naturali come magiche; ed in tanta amistà con Romeo era, che la più stretta forse in que' tempi tra due non si sarebbe trovata Perciocché volendo il frate ad un tratto ed in buona opinione del sciocco volgo essere, e di qualche suo diletto godere, gli era convenuto per forza d'alcun gentiluomo della città fidarsi: tra' quali egli questo Romeo, giovane tenuto animoso e prudente, aveva eletto; ed a lui il suo cuore, che a tutti gli altri fingendo teneva celato, nudo scoperto aveva. Perché, trovatolo Romeo liberamente gli disse come egli disiava di avere l'amata giovane per donna, e che insieme aveano constituito, lui solo dover essere secreto testimonio delle lor nozze, poscia mezzano a dover fare che il padre di lei a questo accordo consentisse Il frate di ciò contento fu, sì perché a Romeo niuna cosa avrebbe senza suo gran danno potuta negare, sì anco perché pensava, che forse per mezzo suo sarebbe questa cosa succeduta a bene: il che a lui di molto onore sarebbe stato presso il signore ed ogni altro, che avesse desiderato queste due case veder in pace. Ed essendo la quadragesima la giovane un giorno fingendo di volersi confessare al monisterio di Santo Francesco andata, ed in uno di que' confessorii che tali frati e massimamente gli osservanti ancora usano, entrata, fece frate Lorenzo dimandare Il quale ivi sentendola, per di dentro al convento insieme con Romeo nel medesimo confessorio entrato, e serrato l'uscio (una lamiera di ferro tutta forata che tra la giovane ed essi era levata via), disse a lei: Io vi soglio sempre veder volentieri, figliuola; ma ora più che mai qui cara mi siete, se così è che il mio messer Romeo per vostro marito vogliate. Al quale ella rispose: Niun'altra cosa maggiormente desidero che di essere legittimamente sua: e perciò sono io qui dinanzi al cospetto vostro venuta, del quale molto mi fido, acciocché voi insieme con Iddio a quello che da amore astretta vengo a fare testimonio siate. Allora in presenza del frate, che il tutto in confessione diceva accettare, per parola di presente Romeo la bella giovane sposò e dato tra loro ordine di essere la seguente notte insieme baciatisi una sola volta, dal frate si dipartirono; il quale, rimessa nel muro la sua grata, altre donne a confessar si rimase. Divenuti i due amanti nella guisa che udito avete secretamente marito e moglie più notti del loro amore felicemente goderono aspettando col tempo di trovar modo per lo quale il padre della donna, che a' lor disii contrario sapeano, si potesse placare. E così stando, intervenne che la fortuna d'ogni mondano diletto nimica, non so qual malvagio seme spargendo fece tra le loro case la già quasi morta nimistà rinverdire in modo che più giorni le cose sottosopra andando, né Montecchi a Cappelletti, né Cappelletti a Montecchi ceder volendo, nella via del corso si attaccarono una volta insieme; ove combattendo Romeo, e alla sua donna rispetto avendo, di percuotere alcuno della sua casa si guardava. Pure alla fine essendo molti de' suoi feriti e quasi tutti della strada cacciati, vinto dall'ira, sopra Tebaldo Cappelletti corso, che il più fiero de' suoi nemici parea, d'un solo colpo in terra morto lo distese. E gli altri che già per la morte di costui erano come smarriti, in grandissima fuga rivolse. Era già stato Romeo veduto ferire Tebaldo, in modo che l'omicidio celare non si poteva onde, data la querela d'innanzi al signore, ciascuno de' Cappelletti solamente sopra Romeo gridava; perché dalla giustizia fu di Verona in perpetuo bandito.


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