NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Morto nella guisa che divisato vi ho, il misero amante, dopo molto pianto, già avvicinandosi il giorno, disse il frate alla giovane: E tu, Giulietta, che farai? La quale tostamente rispose: Morrommi qui entro. Come? figlia mia, diss'egli non dire questo Esci fuori, ché quantunque io non sappia che farmi di te, pur non ti mancherà il racchiuderti in qualche santo monistero ed ivi pregar sempre Dio per te e per lo morto tuo sposo, se bisogno ne ha. Al quale disse la donna: Padre, altro non vi domando che questa grazia, la quale per lo amore che voi alla felice memoria di costui portaste (e mostrògli Romeo) mi farete volentieri; e questo fa; di non fare mai palese la nostra morte, acciò che li nostri corpi possano insieme sempre in questo sepolcro stare; e se per caso il morir nostro si risapesse, per lo già detto amore vi prego, che i nostri miseri padri in nome di ambo noi vogliate pregare, che quelli, i quali amore in uno stesso fuoco arse e ad una stessa morte condusse, non sia loro grave in uno stesso sepolcro lasciare. E voltatasi al giacente corpo di Romeo, il cui capo sopra un origliere, che con lei nell'arca era stato lasciato, posto aveva, gli occhi meglio rinchiusi avendogli, e di lacrime il freddo volto bagnandogli, disse: Che debbo io senza te in vita più fare, signor mio? e che altro mi resta verso te, se non con la mia morte seguirti? niente altro al certo, acciocchè da te, dal qual solo la morte mi potea separare, la stessa morte separare non mi possa. E detto questo, la sua grande sciagura nell'animo recatasi, e la perdita del caro amante ricordandosi, deliberando di più non vivere, raccolto a sé il fato e per buono spazio tenutolo, e poscia con un gran grido fuori mandandolo, sopra il morto corpo morta ricadde.


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