NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Visto il tutto, mi lascio menare a l'uscio del giardin principale, e, ne lo apressarmici, veggo alcuni giovani, Lorenzo Veniero e Domenico, Girolamo Lioni, Francesco Badovaro e Federico, che col dito a la bocca mi fer cenno ch'io venga piano: fra i quali era il gentile Francesco Querino. Intanto il fiato dei gigli, de' iacinti e de le rose mi empieno il naso di conforto; onde io, acostandomi agli amici, veggo sopra un trono di mirti il divin Bembo. Splendeva la faccia sua con luce non più veduta. Egli, sedendo in cima col diadema de la gloria in capo, aveva intorno una corona di spinti sacri. V'era il Iovio, il Trifon Gabriello, il Molza, Nicolò Tiepolo, Girolamo Querino, l'Alemanno, il Tasso, lo Sperone, il Fortunio, il Guidiccione, il Varchi, Vittor Fausto, il Contarin Pier Francesco, il Trissino, il Capello, il Molino, il Fracastoro, il Bevazzano, il Navaier Bernardo, il Dolce, il Fausto da Longiano, il Maffio. Viddici anco la Signoria Vostra con ogni altra nominata persona, senza dar punto di cura a le degnità dei seggi, nei quali ciascun s'era posto a caso. Dico che il coro di cotanti eccelsi ingegni stava attento a l'Istoria veneziana, le cui parole uscivano da la lingua de l'uom sommo con quella gravità che scende la neve dal cielo. Ma, perché fino al respirar dei petti ivi si teneva in guinzaglio, non essendo io uso a star queto, data una occhiatina ad alcune nuvole lucidissime, che distillavano rugiada di zuccaro su le bocche aperte degli ascoltanti, maravigliandomi de l'attenzion degli uccelli, dei venti, de l'aria e de le fronde, le quali non si movevano punto (fino agli odori de le viole spiravano con rispetto, e i fiori non ardivano di piovere nel grembo altrui, per non rompergli il gusto de l'orecchie), dissi meco stesso pian piano: - Valete et plaudite.


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