Si adattò il gilè, che pareva un mazzo d'ortensie, mise gli stivali di rnarocchino nero con rovesci azzurri come i calzoni, infilò la marsina variopinta come una squama di serpente, si calcò il cappellino a tre punte sulla parrucca alla circostanza, e si gettò il mantello sulle spalle. Dopo aver detto a Zampino: - Preparati ad accompagnarmi col lampione - uscì dal camerino, e recatosi sul palco scenico, nel momento che era calato il sipario, dopo i frammenti del second'atto, mise l'occhio ad un buco del telone, e guardò al numero quattro in second'ordine. Il palco era vuoto... egli soffregossi le mani e ripartì queto, uscendo per la falsa porta del teatro. Zampino lo seguiva senza far parola, col lampione che già aveva acceso.
Lasciato il teatro, Amorevoli volse il passo verso la contrada Larga... alla quale rispondeva una porta del teatro per dove uscivano i proprietarj de' palchetti. - Molti carrozzoni erano là in fila, e i cocchieri aspettavano di esser chiamati dal lacchè della propria casa.
- Casa Borromeo, casa Litta, casa Marliani, casa Gambarana, casa Annoni, casa Belgiojoso, casa Sanazzaro, casa Bossi, casa Taverna... - gridavano essi di mano in mano che i carrozzoni si facevano innanzi.
Amorevoli si fermò sull'angolo della contrada delle Ore, porgendo orecchio alle voci rauche di quei poveri lacchè che facevan venire innanzi le carrozze in processione.
- Casa Verri, casa Beccaria, casa V...
Amorevoli stette un istante senza far motto, gettò il mantello alla veneziana intorno alle spalle, ascoltò il cupo e pesante romor delle ruote di quell'ultimo carrozzone che s'allontanava.
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