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      Pietro Verri si volse dunque alla casa di lei, e fattosi annunziare, senza tanti preamboli così le disse:
      - Molte volte, in compagnia di mia madre, io venni qui, senz'altro fine che di vedere dappresso chi, anche fanciullo, io ammiravo tanto; ora vengo per una delle solite cagioni per cui vengon tutti: voglio dire, per interessarla ad ajutare delle buone persone, maltrattate dagli uomini. A me è riuscito di sapere come V. S. siasi già interessata a pro del costituito Lorenzo Bruni, del quale io fui eletto protettore per sua disgrazia.
      - Per sua disgrazia? in che modo?
      - È presto detto: per avere espressa la verità intera, e senza le solite astuzie della prudenza. Perciò sarebbe necessario che V. S. parlasse di ciò al signor ministro-plenipotenziario, il conte Pallavicini, il quale è l'autore appunto dell'ordinanza sulle maschere-ritratti, contro la quale il Bruni non ha altra colpa che della materiale contravvenzione. Ma siccome V. S. sa bene che si vuol persistere nel ritenerlo, se non colpevole, per lo meno sospetto d'aver fatto rapire la contessa... così...
      Donna Paola Pietra si alzò a queste parole indignata, e:
      - Ciò non è possibile, esclamò; io stessa produssi la lettera della contessa, che toglieva ogni dubbio.
      - La luce non c'è, tanto per chi non ci vede, come per chi non ci vuol vedere...
      - Parlerò al ministro...
      - Prima però sarà bene preparare il Senato, che di ragione verrà interpellato: e i cavilli non mancano, e i sofismi e i soliti giuochi delle carte tramutate e dei bussolotti.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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