- Non avete ancora veduta la contessa Clelia V... di Milano?
Or che relazioni potesse avere il doge Grimani colla contessa e qual cosa lo sollecitasse a di lei riguardo vedremo fra poco.
IX
Se il labirinto dedaleo in cui, senza sua colpa, si trovò impigliata la contessa Clelia, non fosse un fatto incontrastabile, che fece parlar tanto i nostri buoni vecchi cento anni fa, e che una secca mano registrò in carta grossa; perchè il tempo e l'umido de' muri solitari non bastasse a distruggerla, e così potesse pervenire alle mani di un postero incapace di custodire i segreti; se tal fatto adunque non fosse una verità irrefragabile, noi gli avremmo negata ogni fede quando lo avessimo udito da uno di quegli uomini avvezzi a inventar frottole. Perchè, passi pure tutto quello che fin qui è avvenuto a Milano, passi la maledetta fortuna per cui un semplice dialogo tagliato in mezzo da un cancello e, fino ad un certo punto, anche innocente, mise in piazza i pudibondi arcani di una gentildonna; mentre più spesso quella stessa iniqua fortuna sa conservare intangibile l'aureola penelopea a chi s'intrattiene a lungo in dialoghi senza cancello; passi dunque tutto ciò, e passi la fuga, e passi il ricovero di Venezia: ma ciò che veramente ci fa intolleranti e fremebondi per quella sventurata contessa, è l'infesta combinazione della scrittura teatrale del tenore che cambiò la sede della malattia senza distruggerla, anzi aumentandola a più doppj.
Povera Clelia, seduta presso la finestra della sua camera, colla faccia mestissima e gli sguardi profondi rivolti macchinalmente al cielo, anzi alla luna, alla luna fredda e incapace d'intenerirsi per nessuno, mentre pure da tempo immemorabile si gode la fama di pietosa.
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