Pure tanta gloria non assicurava la fazione regnante dalla gelosia di coloro che ingiustamente aveva allontanati dallo stesso potere. Si posero alla testa de' malcontenti Bartolomeo, figlio d'Alamanno dei Medici, Niccolò del Buono e Domenico Bandini, de' quali gli ultimi due erano stati coll'ammonizione esclusi dagl'impieghi. Questi si unirono ad un intrigante, Uberto degl'Infangati, che sospettavano d'avere di già ordita qualche trama contro lo stato, e lo incaricarono di procurar loro esterni soccorsi. I tre primi congiurati appartenevano all'ordine de' cittadini, ma si legarono con alcuni capi di famiglie nobili, che non erano meno di loro scontenti della fazione dominante; e furono un Rossi, un Frescobaldi, un Gherardini, un Pazzi, un Donati, un Adimari. I congiurati si tenevano sicuri del favore del popolo, e supponevano che per condurre a fine la rivoluzione bastasse l'occupare il palazzo del pubblico; poichè era questo la fortezza del governo e della fazione dominante. Scelsero per l'esecuzione il primo dicembre del 1360, nel qual giorno, dovendo i nuovi priori prendere il posto di que' che uscivano di carica, tutte le guardie del palazzo verrebbero chiamate alla parata. Quattro uomini, scelti dai congiurati, dovevano essere introdotti nella torre del palazzo, ed ottanta de' loro soldati tenersi nascosti nelle camere, dalle quali uscirebbero tutt'ad un tratto per occupare tutte le porte. Uberto degl'Infangati, che si era incaricato di procurare ai congiurati esterni soccorsi, prima di prender parte in questa congiura, aveva trattato con un milanese, detto Bernardolo Rosso, che stava ai servigi di Giovanni di Oleggio, in allora signore di Bologna.
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