Raffaele Petrilli
La Muta all'assedio di Civitella del Tronto nell'anno 1861


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     Pensava in cuor suo il frate: — É anche opera di carità rifocillare questi poveri soldati! D'altronde son sempre soldati, e chi sa, che cosa potrebbero fare! I tempi son brutti, molto brutti, padre guardiano, e tu saprai essere caro a Dio ed al diavolo!....
     Scendeva intanto silenziosa la sera là dove l'Elvia, serpeggiante dai monti, move pel lontano mare. Le piume dei bersaglieri, aggruppati qua e là intorno al solitario convento, sventolavano all'aria vespertina. Una arcana mestizia, presaga di sinistri eventi t'avrebbe incolto, se in quell'ora avessi inteso stridere i cardini delle porte della fortezza; avessi inteso l'ordine del Castellano, nunzio di sangue e di ruina!....
     Di lì a poco un grido di all'armi annunziava la venuta di un uffiziale superiore. Era il maggiore Caldellary col generale Pinelli a capo del 27.o reggimento fanteria, e con un'accozzaglia di tutti i reduci da Castelfidardo, compresi alcuni soldati di marina, che arrivavano, portando seco due soli cannoncini di campagna. Poiché s'ha da sapere che non si pensava in alcun modo di dover assediare Civitella, né d'altronde vi erano soldati per espugnarla, quando passò Vittorio Emanuele II. in Giulianova, ch'era diretto per Napoli.
     E fu in questa gentile cittadina dal nostro Abruzzo, che una commissione di liberali Teramani, poté ottenere la promessa del re, che quell'ultimo baluardo borbonico sarebbe abbattuto. La parola del magnanimo sovrano non tardò a tradursi in atto; e per ordine suo erano lassù tra i monti quei prodi avanzi di tante battaglie.