Raffaele Petrilli
La Muta all'assedio di Civitella del Tronto nell'anno 1861


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     Dall'una parte e dall'altra erano però tanto esasperati gli animi che ormai bisognava venire ad una soluzione.
     Fallita quindi la missione del generale Della Rocca, i piemontesi ricominciarono il bombardamento il giorno 18 marzo, e lo continuarono per 2 giorni e 2 notti consecutivi. Nel forte cominciava un certo ammutinamento tra i soldati, ai quali mancavano i viveri, ed i borghesi borbottavano. Ascione rimaneva consegnato nella sua casa. Messinelli perdeva il comando ma non si decideva alla resa. Il bombardamento perdurava fitto, incessante, ed il forte diventava una macerie.
     Un certo Fiscar, (1) capitano aiutante maggiore, si fece un partito e formò un complotto. Profittando di un momento, che Messinelli era uscito pel paese di Civitella, fece chiudere lo sbocco, che portava nella fortezza, per impedire che lui rientrasse; suonò la tromba, ed issò la bandiera bianca. Era il giorno 20 marzo 1861. I piemontesi si presentarono alle porte di Civitella, come videro il segnale di resa.
     La porta fu aperta, non senza durare molta fatica per togliere le barricate che vi eran di dietro: vi penetrò per primo il generale Mezzacapo, il quale comandò alla guarnigione del forte, che si era resa a discrezione, di cedere le armi, e furono consegnate. Fatta quindi uscire tutta la guarnigione, poi che fu schierata in piazza, il generale chiamò a voce alta il Messinelli, il quale rispose: presente! E fu condannato alla pena di morte. Egual condanna si ebbe Supinone, il capo-brigante, e non valsero loro le supplichevoli parole e le lagrime, che furono ambedue subito fucilati.

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(1) Tiscar