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Forse questa sua prepotente inclinazione alle scienze naturali ed esatte lo rese disadatto alla poesia. Il suo maestro di latino, e per riflesso d'italiano, confessava di non conoscere la prosodia di nessuna delle due lingue, quindi questo studio lo lasciava al libito dei suoi discepoli. Messa così in poco onore, la poesia non fu seguita che da quei che per essa avevano una decisa vocazione. Bernardo questa vocazione certo non l'aveva, e perciò considerò il poetare come la più inutile delle occupazioni, quando non fosse esercitata dai sommi. Ed anche, per questi sommi non sapeva celare il suo dispregio, quando si limitavano a trattare soltanto argomenti amorosi; ed infatti diceva di non aver potuto mai leggere tutto intero il Canzoniere del Petrarca, ed ogni qual volta ne leggeva degli squarci, non poteva non amaramente rimpiangere lo spreco di tanto ingegno in così futili argomenti, e perciò leggeva e stimava molto Dante, trovando nella sua poesia tanta filosofia e teologia. E nella sua tarda età spesso mi confessava di non aver mai tentato di fare un verso, nella sua gioventù neppure quand'era studente; sebbene quando fu maturo di età tentò qualche verso latino, pur ignorandone la prosodia, e scrisse qualche sonetto in dialetto, spintovi dal successo che ebbero in quei tempi quei bellissimi di Federico Pensa. |