Pagina 8 di 56 |
Il suo padre, che voleva in tutte le discipline colti i suoi figliuoli, diè loro anche un maestro di musica; ma per quanto ne profittassero i suoi maggiore e minore fratello, Bernardo non volle mai apprender musica. Delicato com'era e perciò impressionabile, gli parve a prima vista impossibile, che avrebbe mai potuto imparare quei segnetti, com'egli li chiamava, e che le sue mani si sarebbero prestate a seguire la lettura che gli occhi avrebbero fatto su quelle carte così bizzarramente cifrate. E perciò non studiò mai musica. Eppure aveva un ingegno musicale eccellente; lo diceva il gusto grande che prendeva nell'ascoltare musica cantata o suonata, lo diceva ancora meglio la facilità immensa, con cui, senza conoscere una nota, sapeva ripetere sul pianoforte qualunque motivo udisse. E gustò assaissimo, e nel cuore suo così soave, gli scese profonda la divina melodia Belliniana; confessava di non poter mai udire la Sonnambula, senza commuoversi e piangere dirottamente. Quindi si ribellava infastidito contro le astruserie della musica moderna, riteneva questa come una aberrazione dell'ingegno umano, che sarebbe finita non appena il buon gusto sarebbe rinato nel pubblico, e più la riteneva come un altro fenomeno di quella tendenza ad imitare lo straniero, di che è impastata la fibra italiana. Ma io credo che più che ragionata avversione, questa fu avversione, direi così, di età; la sua gioventù era scorsa, quando era in trionfo la melodia italiana, ed egli era rimasto fedele al suo primo amore anche in fatto di musica. Però quando noi suoi nipoti cominciammo a studiare il pianoforte, egli cominciò a prender gusto alla musica del Verdi, ed anzi collocò questo grande maestro in mezzo ai suoi favoriti, Bellini, Rossini e Donizetti, ma rifiutò sempre di convertirsi alla musica tedesca, sebbene gustasse anche qualcuna di quelle rare melodie. |