Giuseppe Savini
Ricordi della vita di Bernardo Savini


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     E Bernardo, che aveva insieme il temperamento d'artista e di filosofo, mentre tanto si dilettava nel culto dell'arte, con altrettanto piacere ed avidità ascoltava i veramente grandi, che allora insegnavano nell'Università di Napoli, e soprattutto il Galluppi ed il Niccolini. E ben vollero, e tentarono più volte i suoi condiscepoli di farlo anche ammiratore e scolaro del Puoti, la cui scuola allora fioriva del suo migliore splendore. Ma Bernardo andatovi per una sola volta, se ne infastidì tanto che non volle più tornarvi. Giacché è certo che se il Puoti giovò molto a rimettere in uso ed in onore lo studio della lingua, con gli eccessi del suo metodo riuscì pure, e certo senza volerlo, ad ingenerare negli spiriti molto filosofici, com'era il nostro Bernardo, il fastidio di questo studio medesimo, ed a spingerli all'eccesso opposto, vale a dire alla trascuranza completa della forma.
     Non parlo di quella strana sua pretesa di cristallizzare una lingua viva e vegeta come l'italiana nell'uso esclusivo del linguaggio di vari secoli addietro; ma quell'andar dietro così attentamente, e diciamolo pure così pedantescamente alla ricerca di una frase e spesso di una parola soltanto, quell'imitazione così rigorosa e così intransigente dei trecentisti e cinquecentisti, quel nicchiare talvolta per ore intere su un solo vocabolo, tutto questo era pedanteria e per di più così pesante e così ridicola che discreditò lo stesso studio della lingua, e questo, che è pure studio nobilissimo ed utilissimo, e senza il quale gli studi più alti e più filosofici spesso o non si reggono o si abbandonano, parve indegno di uno spirito ragionatore, e si lasciò agli spiriti deboli e circoscritti.