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Ed il cuore materno non s'ingannò. Come cacciatore, Bernardo teneva un cane, a cui aveva posto nome Belgrado, e che amava alla follia. Questo cane, morso da altro cane, divenne idrofobo, e benché, come fanno tutti i cani, fuggisse tosto dal padrone, pure questi credé che senz'essersene accorto ne fosse stato morso, e più fu turbato dal timore che altri ne potessero essere morsi, e quindi essere egli la causa del male altrui. Tutto ciò lo gittò in tali spasmodiche apprensioni, che solo chi le ha patite sa quanto siano orribili. Eppure più occupato dell'altrui danno che del suo, come fu sempre per tutta la sua vita, oltre d'aver mandato molti dei suoi contadini sulle tracce di quel cane per farlo ammazzare, stette egli stesso più giorni e più notti appostato col fucile in mano aspettando che passasse per di là per ucciderlo. E dopo tanti anni ci narrava egli stesso lo strazio indicibile dell'animo suo, quando considerava sé stesso desideroso di toglier la vita a quell'animale, in cui aveva concentrato tanto affetto dell'animo suo. |