Giuseppe Savini
Ricordi della vita di Bernardo Savini


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     Fu allora che con una fortunata ispirazione l'Intendente della provincia a proposta del Sindaco, senza interpellarlo, nominò Bernardo Decurione, ciò che ora vorrebbe dire Consigliere comunale; e prima o poi non ricordo precisamente, ma in quel frattempo certo, anche membro del Consiglio degli Ospizi, che era quel Corpo che sopravvegliava all'Amministrazione delle Opere pie in tutta la provincia. Quando a lui, che stava in campagna, fu partecipata la prima nomina, gli produsse tale sorpresa, che gli venne quasi da ridere, e tornò in Teramo risoluto di non accettarla. Ed infatti presentatosi al Sindaco, che non era un uomo letterato, ma che era meglio, cioè molto sensato e pratico di mondo, gli disse: — Ma chi vi ha messo in mente di proporre me per Decurione? Come posso fare il Decurione io, che sono diventato un fossile? — Usò proprio questa parola; ma il Sindaco seppe tanto dire e fare che lo indusse ad accettare. E molti anni dopo Bernardo sempre ripeteva che egli aveva grande obbligazione a quel Sindaco, perché lo aveva ritolto dalla sua solitudine e ridatogli la coscienza di essere un uomo.
     Ma allora che accettò, io penso che lo fece precisamente per vedere col fatto se davvero fosse diventato un fossile, come diceva e credeva. Ed entrò nel Consiglio del Comune, com'era entrato nella Università, con la ferma persuasione di essere l'ultimo fra tutti, anzi ancora da meno, giacché quel poco che aveva potuto essere, ora la malattia nervosa glielo aveva tolto. Però il padre suo, che aveva larga pratica di uomini e di cose pubbliche, e che era stato Sindaco ed ottimo Sindaco negli anni procellosi del 1814 e 1815, lo aveva avvertito, che entrando nelle amministrazioni pubbliche avrebbe sentito le idee le più strambe e visto approvate le proposte le più bislacche, ed avrebbe trovato non di rado nelle cariche più eminenti uomini di esse affatto indegni e così ignoranti, che innanzi a quelli avrebbe sentita rialzata la propria personalità. Forse quel padre non lo sapeva, ma quasi l'istessa cosa aveva detto al figliuol suo il cancelliere D'Oxenstiern, prevenendolo con quel: Videbis, fili mi, quam parva sapientia regitur mundus.