E perciò i poveri lo seguivano, lo assediavano, quasi lo soffocavano in ogni momento; e quando usciva al passeggio, ciò che faceva due o tre volte al giorno, e quando saliva in carrozza e quando ne scendeva, era alla lettera assediato dai poveri, i quali inoltre gli empivano l'androne e la scalinata della casa, e gl'inviavano quotidianamente non meno di tre o quattro suppliche, senza contare il ricorrere che facevano a lui spessissimo i curati ed altre persone pie che avvicinavano i poveri. Questa, che sarebbe stata noia e fatica grave per tutti, riusciva gravissima a lui, così sensibile e debole ed ormai già vecchio; ciò non ostante egli non se ne affliggeva né infastidiva, anzi procurava di aggiungervi da parte sua altra noia e fatica.
E ciò faceva, come dissi, col sentire tutte le lagnanze, che i poveri gli facevano delle miserie loro, coll'informarsi minutamente dei loro bisogni, se infermi col voler conoscere tutte le fasi delle loro malattie e la cura dei medici; e quando qualcuno giungeva fino ad insultarlo nel momento istesso in cui chiedeva il suo soccorso, egli lo tollerava con pazienza, non lo rimproverava, ma lo compativa e lo scusava, dicendo che la miseria ne aveva esacerbato l'animo. E poi dopo averli soccorsi materialmente, li confortava, li ammoniva, dava loro buoni precetti, metteva loro innanzi i compensi che Dio ha promesso nell'altra vita ai poveri, ricordando che li aveva chiamati beati, ma che per esser tali bisognava sopportare con pazienza la povertà, oltreché li animava alla speranza in Dio, osservando che tutto ha fine quaggiù, e che Dio spesso anche qui in terra cambiò il pianto in riso ed in allegrezza il dolore. Questo era per lui l'intelligere dal lato spirituale, super egenum et pauperem.
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