Quella della poetessa è una figura che non può non affascinare ancora oggi
se solo si pensa quale rottura abbia ella operato
grazie al suo particolare talento
sul tipico destino riservato alla donna dell'800
specie se di modestissime origini (suo padre fu anche un sellaio)
precorrendo un femminismo ancora lontano dal venire. D'altro canto l'umile origine accomunò la poetessa a Felice Barnabei
il cui destino fu in parte legato ad una serie di importanti e provvidenziali incontri
in primis quello con la poetessa (fu proprio lui a sottolinearlo). Forse proprio questa umile origine condivisa spiega l'affetto che si stabilì tra i due sin dal loro primo incontro a Napoli
nel 1861.
Cenni biografici
Felice Barnabei nacque a Castelli il 13 gennaio 1842 da Tito e Concetta Giardini. Di povera famiglia
sin da piccolo fu incoraggiato dal padre ceramista a lavorare la maiolica
ed all'età di dodici anni si trasferì a Teramo
dove grazie ad un sussidio ricevuto per quattro anni dal governo borbonico (2) potette studiare presso i padri Barnabiti; in questo periodo frequentò anche la scuola di disegno diretta da Pasquale Della Monica (3).
Poco meno che ventenne prese una decisione fondamentale per la sua vita
abbandonando i luoghi natii e sottraendosi ad un destino che pareva quasi stabilito
continuare cioè la tradizione familiare come ceramista. In un periodo di stravolgimento nazionale
con l'epilogo della dominazione borbonica ed il raggiungimento dell'unità nazionale (peraltro caratterizzata da condizioni di estrema miseria) nell'agosto del 1861
dopo l'assalto dei briganti a Castelli il giovane Felice
appena ottenuta la licenza liceale
trovandosi in uno stato di estremo sconforto
«chiuso in paese
nella impossibilità di uscirne
senza avvenire di sorta
senza speranza alcuna»
fece una specie di fuga verso Napoli
senza neppure disporre dei mezzi per sostenersi (non aveva neppure il denaro per pagare la tassa per il rilascio dell'attestato liceale
ed inoltre contrasse dei debiti) (4). Grazie alla segnalazione di Raffaele Quartapelle (5) era stato infatti scelto ed inviato (insieme al giuliese Raffaello Pagliaccetti) (6) come giovane ceramista alla Esposizione nazionale di Firenze
che fu raggiunta proprio da Napoli (7) .
(2)
Il piccolo Felicetto aveva realizzato un piatto dipinto che presentò al
consiglio provinciale di Teramo
ed il successo che riscosse fu tale che
gli venne riconosciuto un sussidio annuale di 36 ducati per mantenersi
negli studi. Barnabei nelle sue memorie fece notare che il più delle volte
per riscuotere la somma «se ne doveva spendere altrettanto
specialmente
per regali agli impiegati dell'intendenza
acciocché fossero fatti i
mandati di pagamento». Ne cita uno
di questi impiegati
«un certo don
Federico Valentini
al quale il babbo doveva fare il complimento di regalare
dei servizi da tavola di maiolica di Castelli». Il sussidio
secondo
il Reale Rescritto del 20 dicembre 1854
gli fu accordato appositamente
“per istruirsi nel disegno”.
(3)
Considerato che nella scuola dei Barnabiti non era previsto l'insegnamento
del disegno
e dovendosi riscuotere il sussidio tramite la presentazione
di certificati di frequenza rilasciati da un maestro di disegno
la soluzione
di recarsi presso Pasquale Della Monica
che aveva una scuola
nella sua casa
era da considerarsi più che altro un espediente
al quale
peraltro Barnabei si prestava malvolentieri. Nelle memorie fa un ritratto
grottesco dell'anziano e burbero maestro: «La sua testa era chiusa e nascosta
in un enorme parruccone mal cucito
che terminava superiormente
in un grosso ciuffo e
lateralmente
in due grandi fiocchi di capelli nerissimi.
Dal viso del vecchio spuntavano due grossissimi baffi neri
tinti
malamente sicché spesso di sotto a tutto quel nero apparivano tratti bianchissimi
quando il maestro non aveva avuto tempo di distendervi col
pennello un nerissimo intruglio. Indossava poi una blouse caratteristica
chiusa al collo da un fazzoletto colorato
con effetto veramente
stridentissimo: era proprio una mascherata».
(4)
L'attestato liceale in “belle lettere”
chiamato anche cedola
lo
ricevette solennemente a Firenze dal prefetto della provincia e dal provveditore
agli studi. Quanto ai debiti
venutolo a sapere il padre Tito
provvide a saldarli
intimando al figlio di rientrare immediatamente insieme
a lui a Castelli
in groppa ad un mulo.
(5)
Raffaele Quartapelle (1804-1892)
farmacista e naturalista di Teramo.
La farmacia dei Quartapelle rappresentava per i letterati e le persone in
vista di Teramo nella metà ottocento un importante punto di riferimento.
E' proprio nella farmacia che Barnabei venne presentato a Leonardo Dorotea
patriota e deputato al Parlamento napoletano: questi aveva il compito
di scegliere due giovani teramani da inviare all'Esposizione Nazionale
di Firenze del 1861. Il Quartapelle
appassionato di maioliche ed
oggetti antichi
segnalò al Dorotea il giovane ceramista di Castelli.
(6)
Raffaello Pagliaccetti (1839-1900)
pittore e scultore di Giulianova
rivelò
il suo talento nella fanciullezza
quando realizzò una figura con un
pane di zucchero
che destò grande clamore a Giulianova. Si formò presso
Giuseppe Bonolis e l'Accademia di San Luca a Roma dove il padre
modesto commerciante di generi alimentari
lo aveva inviato con grandi
sacrifici. Quando nel 1861 si recò all'Esposizione Nazionale di Firenze
Pagliaccetti si stabilì nel capoluogo toscano
dove grazie ai numerosi lavori
compiuti nel corso degli anni ottenne stima e considerazione
che
gli valsero nel 1875 l'onorificenza di cavaliere dell'ordine dei SS. Maurizio
e Lazzaro e l'ammissione nell'Accademia Fiorentina delle Arti e del
Disegno in qualità di accademico. Seguirono numerosi altri riconoscimenti
anche di livello internazionale.
(7)
La tappa a Napoli era in quei tempi un passaggio obbligato per andare a
Firenze
in quanto si doveva percorrere la via del mare
cioè sbarcare a
Livorno e raggiungere Firenze in ferrovia.
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