Federico Adamoli
Felice Barnabei. Lettere a Giannina Milli (1862-1888)


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     Assistei alla cerimonia dell'apertura fu fatta nell'antico refettorio trasformato in una sala abbastanza elegante. Chiudevano la parete in fondo i ritratti di tutte le persone che hanno illustrata la patria; e nel mezzo pendeva il vostro ritratto. Il cav. Montori lesse un breve discorso il Sen. Irelli aggiunse poche parole e dopo si cominciò il giro dell'Esposizione. Tutti domandarono se io avessi esposto nulla ed io dicevo che avevo fatto qualche cosa ai Castelli ma che aspettavo che la fosse cotta e speravo che uscirebbe bene ed adesso che hanno visto questo mio lavoro molti sono contenti (93) perché così si mostra che io ho pure appreso qualche cosa in questa parte e che non mi si doveva giudicare come mi hanno giudicato qui per il fatto dall'avere io tradito ec. ec.
     Non ho saputo più nulla delle mie cose le quali mi premono moltissimo. Questa è la cosa che mi preme maggiormente. Bisogna che il Prof. Masi si interessi della cosa perché mi si renda una giustizia. Si tratta semplicemente di questo. E se rispondo ora che è questione diversa trattandosi che io sto a Napoli si può dire che il Prof. Villari che ha detto sempre così adesso riconosce che si tratta di giustizia. Se sto a Napoli credo di aver fatto in modo da sapermi mantenere il posto e di aver fatto sempre meglio e sono stati tutti contenti e si è visto negli esami degli allievi nelle Ispezioni in tutto. Si dimanda la giustizia. E mi raccomando a voi. Non è tanto questione di Correnti che in questi tempi non penserà a queste cose è questione di Barberis e di Masi e del Cav. Cammarota. Egli è informato di tutto e può spendere la sua parola per me come ha fatto altre volte. Io mi raccomando a voi e calcolo molto su di voi. Resterò qui a Teramo due o tre giorni poi ritornerò a Castelli.

(93) Su Bonaventura Celli vedi nota 9.