NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Disse l'altro: - Non so io; a me ricorda che 'l vino dell'oste è il migliore vino che io beessi mai; e poi ch'io desinai non mi sono mai risentito se non ora; ed ora appena so dove io mi sia.
     Disse l'altro: - Altrettale te la dico io. Ben, come faremo? che diremo?
     Brievemente disse l'uno: - Stianci qui tutto dì oggi; ed istanotte (ché sai che la notte assottiglia il pensiero) non potrà essere che non ce ne ricordi.
     Ed accordaronsi a questo; ed ivi stettono tutto quel giorno, ritrovandosi spesso co' loro pensieri nella Torre a Vinacciano. La sera essendo a cena, e adoperandosi più il vetro che 'l legname, cenato che ebbono, appena intendea l'uno l'altro. Andaronsi al letto, e tutta notte russarono come porci. La mattina levatisi, disse l'uno: - Che faremo?

     Rispose, l'altro: - Mal, che Dio ci dia, ché poiché istanotte non m'è ricordato alcuna cosa, non penso me ne ricordi mai.
     Disse l'altro: - Alle guagnèle, che noi bene stiamo, che io non so quello che si sia, o se fosse quel vino o altro, che mai non dormì così fiso, sanza potermi mai destare, come io ho dormito istanotte in questo albergo.
     - Che diavol vuol dir questo? - disse l'altro. - Saliamo a cavallo, ed andiamo con Dio; forse fra via pur ce ne ricorderemo.
     E così partirono, dicendo per la via spesso l'uno all'altro: - Ricorditi tu?
     E l'altro dice: - No io.
     - Né io.
     Giunsono a questo modo in Arezzo, ed andarono all'albergo: dove spesso tirandosi da parte con le mani alle gote, in una camera, non poterono mai ricordarsene. Dice l'uno, quasi alla disperata: - Andiamo, Dio ci aiuti.


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