NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Disse l'altro: - E però si vuoi pensare, perocché noi averemo a dire quello che noi esponemmo, e quello che ci fu risposto. Perocché s'e nostri di Casentino sapessono come dimenticammo la loro commessione e tornassimo dinanzi da loro come smemorati, non che ci mandassano mai per ambasciadori, ma mai ofizio non ci darebbono.
     Disse l'altro, che era più malizioso: - Lascia questo pensiero a me. Io dirò che sposto che averno l'ambasciata dinanzi al vescovo, che egli graziosamente in tutto e per tutto s'offerse essere sempre presto a ogni loro bene, e per maggiore amore disse, che per meno spesa ogni volta che avessono bisogno di lui, per loro pace e riposo scrivessero una semplice lettera, e lasciassono stare le 'mbasciate.
     Disse l'altro: - Tu hai ben pensato; cavalchiamo pur forte, che giunghiamo a buon'ora al vino che tu sai.

     E così spronando, giunsono all'albergo, e giunto un fante loro alla staffa, non domandarono dell'oste, né come avea da desinare, ma alla prima parola domandarono quello che era di quel buon vino. Disse il fante: - Migliore che mai.
     E quivi si armarono la seconda volta non meno della prima, ed innanzi che si partissono (perocché molti muscioni erano del paese tratti) il vino venne al basso, e levassi la botte. Gli ambasciadori dolenti di ciò la levarono anco ellino, e giunsono a chi gli avea mandati, tenendo meglio a mente la bugia che aveano composta, che non feciono la verità di prima; dicendo, che dinanzi al vescovo aveano fatto così bella aringhiera: e dando ad intender, che l'uno fosse stato Tulio e l'altro Quintiliano, e' furono molto commendati, e da indi innanzi ebbono molti offici, che le più volte erano o sindachi o massai.


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