NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Avvenne per caso che costui, essendo per lo comune di Firenze mandato ad eleggere uno Podestà ed essendo di quaresima, uscio di Firenze, e tenne verso Bologna e poi a Ferrara, e passando più oltre, pervenne una sera al tardi in un luogo assai ostico e pantanoso che si chiama la Ca Salvàdega. E disceso all'albergo, trovato modo d'acconciare i cavalli e male (perocché vi erano ungheri e romei assai, che erano già andati a letto), e trovato modo di cenare, cenato che ebbe, disse all'oste dove dovea dormire. Rispose l'oste: - Tu starai come tu potrai; entra qui che ci sono quelle letta che io ho, ed hacci molti romei; guarda se c'è qualche proda; fa' ed acconciati il meglio che puoi, ché altre letta o altra camera non ho.
     Lapaccio n'andò nel detto luogo, e guardando diletto in letto così al barlume, tutti li trovò pieni salvo che uno, là dove da l'una proda era un unghero, il quale il dì innanzi s'era morto. Lapaccio, non sapendo questo (ché prima si sarebbe coricato in un fuoco che essersi coricato in quel letto), vedendo che dall'altra proda non era persona, entrò a dormire in quella. E come spesso interviene, che volgendosi l'uomo per acconciarsi gli pare che il compagno occupi troppo del suo terreno, disse: - Fatti un poco in là, buon uomo.

     L'amico stava cheto e fermo, ché era nell'altro mondo. Stando un poco, e Lapaccio il tocca, e dice: - Oh! tu dormi fiso: fammi un poco di luogo, te ne priego.
     E 'l buon uomo cheto.
     Lapaccio, veggendo che non si movea, il tocca forte: - Deh, fatti in là con la mala pasqua.


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