NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Abbreviando la novella, e' tenne la detta vigna a fitto parecchi anni per una piccola cosa, e traevane l'anno, quando cogna otto e quando cogna diece di vino, ed a colui di cui ell'era, pur ch'ella non rimanesse soda ma fosse lavorata, parea guadagnare la detta vigna. E così tirò l'aiuolo il priore Oca andando spesso Berto a bere di quel vino con lui, faccenda sì che alla botta mai non fu più saltato addosso.
     Che diremo adunque de' casi e degli avvenimenti che amore conduce? Tra quanti nuovi ne furono mai, non credo che ne fosse nissuno simile a questo, e con tutta la fortuna, a suono di campane a martello ed a romore di popolo, Berto condusse a fine il suo lavorìo; e 'l priore Oca, per dare una buona ammonizione a' suoi popolani, ne guadagnò in parecchi anni forse quaranta cogna di vino: e fugli bene investito, perocché era goditore, e volentieri facea cortesia altrui.

     (Novella LIII)



     GIOTTO E IL PALVESE
     A Giotto gran dipintore è dato un palvese a dipingere da un uomo di picciolo affare. Egli faccendosene scherne, lo dipinge per, forma, che colui rimane confuso.

     C
     IASCUNO può aver già udito chi fu Giotto, e quanto fu gran dipintore sopra ogni altro. Sentendo la fama sua un grossolano artefice, ed avendo bisogno, forse per andare in castellaneria, di far dipingere uno suo palvese, subito n'andò alla bottega di Giotto avendo chi gli portava il palvese drieto, e giunto dove trovò Giotto, disse: - Dio ti salvi, maestro; io vorrei che mi dipignessi l'arme mia in questo palvese.
     Giotto, considerando e l'uomo e 'l modo, non disse altro, se non: - Quando il vuo' tu? - e quel gliele disse.


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