NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Mino corre addosso alla donna e cominciala a 'ngoffare: - Dunque m'ha tu vituperato e anca m'uccelli?
     Come la donna si sente dare, che era molto più prosperevole che Mino, comincia a dare a lui; da' di qua, da' di là, eccoti Mino in terra e la donna addossoli, e abburattalo per lo modo. Dice la donna: - Che vuoi tu dire? Pigliala comunche tu vuoi, che vai inebbriando di qua e di là, e poi ne vieni in casa e chiamimi puttana; io ti concerò peggio che la Tessa non acconciò Calandrino: che maladetto sia chi mai maritò nessuna femmina ad alcun dipintore, ché siete tutti fantastici e lunatici, e sempre andate inebbriando e non vi vergognate.
     Mino, veggendosi mal parato, priega la donna che lui lasci levare, e ch'ella non gridi, acciocché i vicini non sentano, che, traendo al romore, non trovassino la donna a cavallo. Quando la donna udì questo, dice: - Io vorrei volentieri che tutta la vicinanza ci fosse.

     E levossi suso, e così si levò Mino col viso tutto pesto; e per io migliore disse alla donna che gli perdonasse, ché le male lingue gli avevano dato a creder quello che non era, e che veramente quello crocifisso s'era fuggito per non essere stato confitto. E andando il detto Mino per Siena, era domandato da quel suo parente che l'avea indotto a questo: - Come fu? come andò?
     E Mino gli disse, che tutta la casa avea cerco, e che mai non avea trovato alcuno; e che, guatando tra' crocifissi, l'uno gli era caduto sui viso, e avealo concio come vedea. E così a tutti Sanesi che domandavano: - Che è quello? - dicea che uno crocifisso gli era caduto sul viso.


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