(Da Le Porrettane, XLII)
LUIGI PULCI
MORGANTE E MARGUTTE
G
IUNTO Morgante un dì 'n su 'n un crocicchio,
Uscito d'una valle in un gran bosco,
Vide venir di lungi per ispicchio
Un uom che in volto parea tutto fosco.
Dette del capo del battaglio un picchio
In terra, e disse: - Costui non conosco - ;
E posesi a sedere in su 'n sasso,
Tanto che questo capitoe al passo.
Morgante guata le sue membra tutte
Più e più volte dal capo alle piante,
Che gli pareano strane, orride e brutte.
- Dimmi il tuo nome - dicea - viandante
Colui rispose: - Il mio nome è Margutte,
Ed ebbi voglia anco io d'esser gigante,
Poi mi penti' quando al mezzo fu' giunto;
Vedi che sette braccia sono appunto - .
Disse Morgante: - Tu sia il ben venuto;
Ecco ch'io arò pure un fiaschetto allato,
Che da due giorni in qua non ho beuto;
E, se con meco sarai accompagnato,
Io ti farò a cammin quel che è dovuto.
Dimmi più oltre: io non t'ho domandato,
Se se' Cristiano, o se se' Saracino,
O se tu credi in Cristo, o in Apollino - .
Rispose allor Margutte: - A dirtel tosto,
Io non credo più al nero ch'all'azzurro,
Ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto;
E credo alcuna volta anco nel burro,
Nella cervogia e, quando io n'ho, nel mosto,
E molto più nell'aspro che il mangurro;
Ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
E credo che sia salvo chi gli crede.
E credo nella torta e nel tortello:
L'uno è la madre, e l'altro è il suo figliuolo;
Il vero paternostro è il fegatello,
E possono esser tre, due ed un solo,
E diriva dal fegato almen quello:
E perch'io vorrei ber con un ghiacciolo,
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