Se Maometto il mosto vieta e biasima,
Credo che sia il sogno o la fantasima,
Ed Apollin debbe essere il farnetico,
E Trivigante forse la tragenda.
La fede è fatta, come fa il solletico:
Per discrezion mi credo che tu intenda:
Or tu potresti dir ch'io fussi eretico:
Acciò che invan parola non ci spenda,
Vedrai che la mia schiatta non traligna,
E ch'io non son terren da porvi vigna.
Questa fede è come l'uom se l'arreca.
Vuoi tu veder che fede sia la mia?
Che nato son d'una monaca greca,
E d'un papasso in Bursia là in Turchia;
E nel principio sonar la ribeca
Mi dilettai, perch'avea fantasia
Cantar di Troia e d'Ettorre e d'Achille,
Non una volta già, ma mille e mille.
Poi che m'increbbe il sonar la chitarra,
Io cominciai a portar l'arco e 'l turcasso:
Un dì ch'io fe' nella moschea poi sciarra,
E ch'io uccisi il mio vecchio papasso,
Mi posi allato questa scimitarra,
E cominciai pel mondo a 'ndar a spasso;
E per compagni ne menai con meco
Tutti i peccati o di Turco o di Greco,
Anzi quanti ne son giù nello inferno.
Io n'ho settanta e sette de' mortali,
Che non mi lascian mai la state o 'l verno;
Pensa quanti io n'ho poi de' veniali!
Non credo, se durassi il mondo eterno,
Si potessi commetter tanti mali
Quanti ho commessi io solo alla mia vita:
Ed ho per alfabeto ogni partita.
Non ti rincresca l'ascoltarmi un poco,
Tu udirai per ordine la trama:
Mentre ch'io ho danar, s'io sono a gioco,
Rispondo come amico a chiunque chiama;
E giuoco d'ogni tempo e in ogni loco,
Tanto che al tutto la roba e la fama
Io m'ho giucato e' pel già della barba.
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