Guarda se questo pel primo ti garba.
Non domandar quel ch'io so far d'un dado,
O fiamma, o traversi, testa, o gattuccia,
O lo spuntone: e' va per parentado,
Ché tutti siàn d'un pelo e d'una buccia:
E forse al camuffar ne incaco, o bado,
O non so far la berta o la bertuccia;
O in furba, o in calca, o in bestrica mi lodo:
Io so di questo ogni malizia e frodo.
La gola ne vien poi drieto a questa arte.
Qui si conviene aver gran discrezione,
Saper tutti i segreti, a quante carte,
Del fagian, della starna e del cappone:
Di tutte le vivande a parte a parte,
Dove si truovi morbido il boccone:
E non ti fallirei di ciò parola,
Come tener si debba unta la gola.
S'io ti dicessi in che modo io pillotto,
O tu vedessi com'io fo col braccio,
Tu mi diresti certo ch'io sia ghiotto;
O quante parte aver vuole un migliaccio,
Che non vuoi esser arso, ma ben cotto,
Non molto caldo e non anco di ghiaccio,
Anzi in quel mezzo e unto, ma non grasso;
(Parti che il sappi?) e non troppo alto o basso.
Del fegatel non ti dico niente:
Vuol cinque parti: fa' ch'alla man tenga;
Vuol esser tondo (nota sanamente),
Acciò che 'l fuoco egual per tutto venga,
E perché non ne caggia (tieni a mente!)
La gocciola che morbido il mantenga:
Dunque in due parte dividiàn la prima,
Ché l'una e l'altra si vuole farne stima.
Piccol sia questo, ed è proverbio antico,
E fa' che non sia povero di panni;
Però che questo importa ch'io ti dico;
Non molto cotto (guarda non t'inganni!),
Ché così verdemezzo come un fico,
Par che si strugga quando tu l'azzanni;
Fa' che sia caldo; e puoi sonar le nacchere
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