Che 'l re, il fratello e tutta la famiglia
Di tal mutazion si maraviglia.
Se da Giocondo il re bramava udire
Onde venisse il subito conforto,
Non men Giocondo io bramava dire,
E fare il re di tanta ingiuria accorto.
Ma non vorria che più di sé, punire
Volesse il re la moglie di quel torto;
Si che per dirlo, e non far danno a lei,
Il re fece giurar su l'agnusdei.
Giurar lo fe', che né per cosa detta,
Né che gli sia mostrata che gli spiaccia,
Ancorch'egli conosca che direttamente
A sua Maestà danno si faccia,
Tardi o per tempo mai farà vendetta;
E di più, vuol ancor che se ne faccia;
Sì che né il malfattor giammai comprenda
In fatto o in detto, che 'l re il caso intenda.
Il re, ch'ogni altra cosa, se non questa,
Creder potria, gli giurò largamente.
Giocondo la cagion gli manifesta,
Ond'era molti di stato dolente:
Perché trovata avea la disonesta
Sua moglie in braccio d'un suo vil sergente,
E che tal pena alfin l'avrebbe morto,
Se tardato a venir fosse il conforto.
Ma in casa di sua Altezza avea veduto
Cosa che molto gli scemava il duolo;
Chè sebbene in obbrobrio era caduto,
Era almen certo di non v'esser solo.
Così dicendo, e al bucolin venuto,
Gli dimostrò il bruttissimo omicciuolo,
Che la giumenta altrui sotto si tiene,
Tocca di sproni e fa giuocar di schene.
Se parve al re vituperoso l'atto,
Lo crederete ben, senza ch'io 'l giuri.
Ne fu per arrabbiar, per venir matto;
Ne fu per dar del capo in tutti i muri:
Fu per gridar, fu per non stare al patto;
Ma forza è che la bocca alfin si turi,
E che l'ira trangugi amara ed acra,
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