Poiché giurato avea su l'ostia sacra.
Che debbo far, che mi consigli, frate,
Disse a Giocondo, poiché tu mi folli
Che con degna vendetta e crudeltate
Questa giustissima ira io non satolli?
Lasciam, disse Giocondo, queste ingrate,
E proviam se son l'altre così molli:
Facciam delle lor femmine ad altrui
Quel ch'altri delle nostre han fatto a nui.
Ambi gioveni siamo, e di bellezza
Che facilmente non troviamo pari.
Qual femmina sarà che n'usi asprezza,
Se contra i brutti ancor non han ripari?
Se beltà non varrà né giovinezza,
Varranne almen l'aver con noi danani.
Non vo' che torni, che non abbi prima
Di mille mogli altrui la spoglia opima.
La lunga absenzia, il veder vani luoghi,
Praticare altre femmine di fuore,
Par che sovente disacerbi e sfoghi
Dell'amorose passioni il core.
Lauda il parer, né vuoi che si proroghi
Il re l'andata; e fra pochissime ore
Con duo scudieri, oltre alla compagnia
Del cavalier roman, si mette in via.
Travestiti cercano Italia e Francia,
Le terre de' Fiamminghi e degl'Inglesi;
E quante ne vedean di bella guancia,
Trovavan tutte ai prieghi lor cortesi.
Davano, e data loro era la mancia;
E spesso rimetteano i danar spesi.
Da lor pregate fòro molte, e fòro
Anch'altrettante che pregaron loro.
In questa terra un mese, in quella dui
Soggionnando, accertarsi a vera prova
Che non men nelle lor, che nell'altrui
Femmine, fede e castità si trova.
Dopo alcun tempo increbbe ad ambedui
Di sempre procacciar di cosa nuova;
Ché mal poteano entrar nell'altrui porte,
Senza mettersi a rischio della morte.
Gli è meglio una trovarne, che di faccia
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