NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Essendo Fortunio con la diletta moglie un certo tempo dimorato, e parendogli sconvenevole e cosa vile il star ne l'ozio avolto raccontando l'ore sì come fanno quelli che sciocchi sono e di prudenza privi, determinò al tutto di partirsi, e andarsene in luochi dove il suo gran valore fusse apertamente conosciuto. E presa una galea e molti tesori che 'l suocero gli aveva donati, e tolta da lui e dalla moglie buona licenza, sopra la galea salì. Navigando adunque Fortunio con prosperi e favorevoli venti, aggiunse nell'Atlantico mare; né fu guari più di dieci miglia entrato nel detto mare, che una sirena, la maggiore che mai veduta fusse, alla galea si accostò, e dolcemente cominciò a cantare. Fortunio, che in un lato della galea col capo sopra l'acqua per ascoltare dimorava, si addormentò; e così dormendo fu dalla sirena diglottito, la quale, attuffatasi nelle marine onde, se ne fuggì. I marinai, non potendolo soccorrere, scoppiavano da dolore; e tutti mesti e sconsolati la galea di bruni panni copersero, ed all'infelice e sfortunato Odescalco fecero ritorno, raccontandoli l'orribile e lagrimoso caso che nel mare gli era sopravenuto. Bel che il re e Doralice e tutta la città grandissimo dolore sentendo, di neri panni si vestiro.

     Avicinatasi già l'ora del parto, Doralice un bellissimo bambino parturì; il quale, vezzosamente in molte delicatezze nudrito, alla età di duo anni pervenne. E considerando la mesta ed addolorata Doralice sé esser priva del suo diletto e caro sposo, né esservi più speranza alcuna di poterlo riavere, nell'alto e viril animo suo propose di voler al tutto, ancor che il re consentire non le volesse, mettersi in mare alla fortuna e la sua ventura provare. E fatta mettere in punto una galea ben armata e di gran vantaggio, e presi tre pomi a maraviglia lavorati, dei quali l'uno era di auricalco, l'altro di argento ed il terzo di finissimo oro, tolse licenza dal padre, ed in galea col bambino montò; e date le vele al prosperevole vento, nell'alto mare entrò. La mesta donna, così navigando con tranquillo mare, ordinò alli marinai che dove lo sposo suo dalla sirena fu inghiottito, in quel luoco condurre la dovessero. Il che fu essequito. Aggiunta adunque la nave al luogo dove lo sposo fu dalla sirena digiottito, il bambino cominciò dirottamente a piangere; e non potendolo la madre per modo alcuno attasentare, prese il pomo di auricalco ed al fanciullo lo diede. Il quale, seco giuocando, fu dalla sirena veduto ed ella, accostatasi alla galea e sollevando alquanto la testa delle schiumose onde, disse alla donna: - Donna, donami quel pomo; perciò che di quello io sono innamorata molto. - A cui la donna rispose non volendoglielo donare, perciò che del figliuolino era il trastullo. - Se ti sarà in piacere di donarlomi, - disse la sirena - ed io ti mostrerò lo sposo tuo insino al petto Il che ella intendendo, e desiderando molto di vedere lo sposo suo, glielo donò. E la sirena in ricompenso del caro dono, sì come promesso le aveva, il marito sino al petto le mostrò; ed attuffatasi nell'onde, non si lasciò più allora vedere. Alla donna, che ogni cosa attentamente veduto aveva, crebbe maggior desiderio di vederlo tutto; e non sapendo che fare né che dire, col suo bambino si confortava. Al quale, da capo piangendo, acciò che s'attasentasse, la madre il pomo d'argento diede. Ma essendo per aventura dalla sirena veduto, alla donna lo richiese in dono. Ma ella, stringendosi nelle spalle e vedendo che 'l era il trastullo del fanciullo, di donarglielo ricusava. A cui disse la sirena: - Se tu mi donerai il pomo che è vie più bello dell'altro, io ti prometto di mostrarti il tuo sposo sino alle ginocchia. - La povera Doralice, desiderosa di vedere più avanti il suo diletto sposo, pospose l'amore del fanciullo, e lietamente glielo donò; e la sirena, attesa la promessa, nell'onde s'attuffò. La donna tutta tacita e sospesa stavasi a vedere, né alcun partito per liberare da morte il suo marito prender sapeva; ma toltosi in braccio il bambino che tuttavia piangeva, con esso lui si consolava alquanto. Il fanciullo, ricordatosi del pomo con cui sovente giuocava, si mise in sì dirotto pianto, che fu la madre da necessità costretta dargli il pomo d'oro. Il quale, veduto dallo ingordo pesce, e considerato che sopra gli altri duo era bellissimo, parimente le fu richiesto in dono; e tanto disse e tanto fece, che la madre contra il voler del fanciullo glielo concesse. E per che la sirena le aveva promesso di far vedere lo sposo suo intieramente tutto, per non mancare della promessa, s'avicinò alla galea; e sollevato alquanto il dorso, apertamente glielo mostrò. Fortunio, vedendosi fuori delle onde e sopra il dorso della sirena in libertà, tutto giolivo, senza interponere indugio alcuno, disse: - Beh fuss'io un'aquila! - E questo detto, subitamente aquila divenne; e levatosi a volo, sopra l'antenna della galea agevolmente salì; ed ivi, tutti i marinai vedendo, abbasso disceso, nella propria sua forma ritornò, e prima la moglie ed il bambino, indi la marinerezza strettamente abbracciò e basciò. Allora tutti allegri dei ricoperato sposo, al regno paterno fecero ritorno; e giunti nel porto, le trombe, le naccare, i tamburi, e gli altri stromenti cominciorono sonare. Il re questo udendo si maravigliò, e sospeso attese quello che ciò vol esse dire. Ma non stette guari che venne il noncio, ed annonciò al re come Fortunio suo genero con la diletta sua figliuola era aggiunto. E smontati di galea, tutti se n'andorono al palazzo: dove con grandissima festa e trionfo furono ricevuti. Dopo alcuni giorni Fortunio, andatosene a casa e fattosi lupo, Alchia sua matrigra e Valentino suo fratello per la ricevuta ingiuria divorò; e ritornato nella primiera forma, ed asceso sopra il suo cavallo, al regno del suocero fece ritorno: dove con Doralice sua cara e diletta moglie per molti anni in pace con grandissimo piacere di ciascuna delle parti insieme si goderono.


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