NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Laonde montati a cavallo, si partirono; e tanto cavalcarono, che giunsero ad una ostaria; ed entrativi dentro, addimandorono l'oste s'egli per aventura saprebbe insignarli il luogo dove ora si trova il pomo che dolcemente canta. Risposo gli fu di sì: ma che andare non vi potevano, perciò che il pomo era in un vago e dilettevole giardino in guardia ed in governo d'un mortifero animale, il quale con le aperte ali, quanti al giardino s'avicinano, tanti ne uccide. - Ma come dobbiam fan noi, - dissero i giovani, - impenciò che deliberato abbiamo di averlo al tutto? - Rispose l'oste: - Se voi farete ciò che io vi dirò, arrete il pomo, né temerete la velenosa fiera, e men la morte. Prendete adunque questa veste tutta di specchi coperta; e l'uno di voi se la ponga indosso, e così vestito entri nel giardino di cui troverete l'uscio aperto; e l'altro resti fuori del giardino, ed in modo alcuno non si lasci vedere. Ed entrato ch'egli sarà nel giardino, l'animale subito gli verrà all'incontro; e vedendosi sé stesso negli specchi, incontanenti in terra caderà; ed andatosene all'albero del cantante pomo, quello umanamente prenderà, e senza guardarsi a dietro fuori del giardino uscirà. - I giovani molto ringraziorono l'oste; e partitisi, quanto gli disse l'oste, tanto operorono; ed avuto il pomo, alla sorella lo portorono, essortandola che più a sì pericolose imprese strengere non li dovesse.

     Passati dopo alquanti giorni, il re vide i giovanetti; e fattigli a sé chiamare, li disse: - Qual è stata la cagione, che secondo l'ordine dato non siete venuti a desinare con esso noi? - A cui rispose Fluvio: - Non per altra cagione, signore, ci siamo restati di venire, se non per le diverse occupazioni che ci hanno intertenuti. - Disse il re: - Nel giorno sequente vi aspettiamo; e fate sì che in maniera alcuna non ne mancate,.- A cui rispose Acquirino che, potendosi da certi suoi negozi sviluppare, molto volontieri vi verrebbono. Ritornato al palazzo, il re disse alla madre che ancor veduti aveva i giovanetti, e che li stavano fitti nel cuore, pensando sempre a quelli che Chiaretta promessi gli aveva; e che non poteva con l'animo riposare, fino a tanto che non venissero a desinare con esso lui. La madre del re, udendo tal parole, si trovò in maggior travaglio che prima, dubitando forte che scoperta non fusse. E così dogliosa ed affannata, mandò per la comare, e dissele: - Io mi credevo, comare mia, che i fanciulli oggimai fussero spenti e che di loro non si sentisse novella alcuna; ma ei vivono, e noi ci stiamo in pericolo di morte. Provedete adunque ai casi nostri, altrimenti noi tutte periremo. - Rispose la comare: - Alta madama, state di buon animo e non vi perturbate, perch'io farò sì che di me voi vi lodarete, e di loro novella alcuna più non sentirete. - E tutta indignata e di furor piena, si parti, e andossene alla fanciulla; e datole il buon giorno, l'addimandò se 'l pomo che canta avuto aveva. A cui rispose la fanciulla che sì. Allora l'astuta e sagace comare disse: - Pensa, figliuola mia, di non aver cosa veruna, se non hai anche una cosa vie più bella e più leggiadra che le due prime. - E che è cotesta cosa, madre mia, così leggiadra e bella, che voi mi dite? - disse la giovane. A cui la vecchia rispose: - L'ugel bel verde, figliuola mia; il quale dì e notte ragiona, e dice cose maravigliose. Se tu lo avesti in tua balìa, felice e beata ti potresti chiamare. - E dette queste parole, si parti.


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