Opere di letteratura italiana e straniera |
(Da Le piacevoli notti: notte decima, favola IV)
La gatta, che era fatata, mossa a compassione di Costantino e adirata contra i duo fratelli che si crudelmente lo trattavano, disse: - Costantino, non ti contristare; perciò che io provederò al tuo e al viver mio. - Ed uscita di casa, se n'andò alla campagna; e fingendo dormire, prese un lepore, che a canto le venne, e l'uccise. Indi andata al palazzo regale e veduti alcuni corteggiani, dissegli voler parlare col re: il qual, inteso che era una gatta che parlar gli voleva, fecela venire alla presenza sua; e addimandatala che cosa richiedesse, rispose che Costantino suo patrone gli mandava donare un lepore che preso aveva: e appresentollo al re. Il re, accettato il dono, l'addimandò chi era questo Costantino. Rispose la gatta, lui esser uomo che di bontà, di bellezza e di potere non aveva superiore. Onde il re le fece assai accoglienze, dandole ben da mangiare e ben da bere. La gatta, quando fu ben satolla, con la sua zampetta con bel modo, non essendo d'alcuno veduta, empì la sua bisciaccia, che da lato teneva, d'alcuna buona vivanda; e tolta licenza dal re, a Costantino portolle. I fratelli, vedendo i cibi di quai Costantino trionfava, li chiesero che con loro i participasse; ma egli, rendendogli il contracambio, li denegava. Per il che tra loro nacque una ardente invidia, che di continovo rodeva loro il core. |